chi può dirlo con certezza

2 aprile 2010 di: Francesca Traìna

Eterosessuali, bisessuali, omosessuali? Chi può dirlo con certezza? A creare inquietudine però sono sempre gli omosessuali falsamente tollerati, demonizzati, vittime di crudeltà omofobica. La loro “patologizzazione” è storia passata e presente, in parte “patrocinata” da certa psicanalisi. Oggi c’è ancora chi presume di sapere come debba essere la sessualità di una persona e non disdegna “consigli” agli/alle omosessuali affinché riprendano la via “eteronormata” in odor di “sano moralismo”. Oggi c’è ancora chi ritiene che mascolinità e femminilità siano categorie anziché dimensioni. Addirittura c’è chi pensa che essere gay significhi abbracciare un ideale politico-culturale; vale a dire: si pensano proprio tutte pur di non riconoscere l’autenticità di essere omosessuali per proprio libero sentire. Gli “uguali”, “normali” secondo canone, hanno la necessità o piuttosto la pruderie di cercare giustificazioni alle scelte altrui. Tali giustificazioni in genere approdano nell’oscura malattia o diventano sinonimo di nefandezze e depravazione.
A volte il commento è patetico per chi lo fa: poverino/a…chissà la sua mamma come soffre!
Per molti anni il discorso psicoanalitico sull’omosessualità si è riferito ad una regressione alla fase edipica o pre-edipica ipotizzando l’esistenza di una linea di sviluppo tesa al raggiungimento di un culmine eterosessuale in grado di assicurare maturità e salute mentale. È chiaro che l’etichetta dell’immaturità, come quella del narcisismo, per gli orientamenti omosessuali, si è rivelata una foglia pseudoscientifica usata per coprire pregiudizi. Del resto anche la psicoanalisi non è immune da influenze provenienti dai valori culturali dominanti. Chiedersi se si è persone intere e autonome, soggetti nella relazione sessuale, e non oggetti, non sarebbe più salutare? È possibile che lo spartiacque imperante nella sessualità umana sia ancora: eterosessualità/omosessualità? È possibile, semplicemente, se si ama davvero, uomo o donna che sia, scegliere sulla base dei propri sentimenti? Bollas, già nel ‘92 scriveva: «ogni tentativo di costruire una teoria generale dell’omosessualità può essere soddisfatto solo al prezzo di gravi distorsioni delle discrete e importanti differenze tra omosessuali, atto che potrebbe costituire un “genocidio intellettuale”».

1 commento su questo articolo:

  1. anna trapani scrive:

    Cara Francesca, sono d’accordo con te. Vedo però i fatti in modo meno dotto e più terra-terra poichè non mi pare che l’omofobia si nutra di considerazioni intellettuali quali la psicoanalisi per espandersi nella sotto cultura che la genera. Persone di poca istruzione come quelle che hanno una cultura identificano gli omosessuali e le lesbiche (ti invito a scrivere questo termine anzichè “le omosessuali” dato che non è una ingiuria ma solo un dato di fatto; a ciascuno il suo nome) con le mossettine e gli ancheggiamenti nei maschi e un fare da scaricatore di porto nelle femmine senza tanto stare a domandarsi se non stiano facendo di tutta l’erba un fascio (il folklore dei gay pride colpisce come una bomba e perciò mi chiedo da sempre se non è un’arma a doppio taglio per la causa omosessuale) nè tanto meno avanzare ipotesi psicoanalitiche. I fatti sono molto più meschini di quanto sembri e nell’immaginario collettivo dei “normali” gli omosessuali e le lesbiche diventano degli orchi che portano sulla “cattiva strada” i ragazzi, che vengono confusi con i trans, che sono pedofili e quant’altro ancora. La fase edipica, il narcisismo ecc. lasciano il tempo che trovano in certe menti “normali” ma rozze; chiedersi come giustamente scrivi tu se si è persone intere e autonome vorrebbe dire sapere già andare oltre la superficie e interrogarsi su se stessi e su gli altri. Purtroppo sì siamo ancora all’età della pietra: alla dicotomia eterosessualità/omosessulità.
    Ciao.
    Anna

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