giallo o noir sulla scena del Parlamento italiano

23 agosto 2010 di: Fortunata Pace

Siamo al giallo o al noir sulla scena del Parlamento italiano. Noir per gli italiani, abbiano o no contribuito a quella che è stata, in questi ultimi anni, la più ampia maggioranza di governo e sui quali si abbatte la scure di troppe   promesse  mancate  e lo spettro di un ritorno alle urne  con le stesse modalità di voto; giallo perché le vere ragioni di ciò che sta accadendo lasciano adito ad una serie di congetture e perché no, di sospetti.

Fini non condivide più orientamenti e scelte politiche di Berlusconi, ma piuttosto che una doverosa dialettica  nelle sedi deputate – il Pdl prima, le aule parlamentari dopo- si passa ad uno scontro palese e si arriva alla solita campagna mediatica che, comunque stiano certe faccende pressocché dell’ex leader di An, a cui troppa stampa si attacca, nulla hanno a che vedere con le questioni fondanti di quella che ora si legge chiaramente come una crisi politica. Si risolverà ? Si ricucirà qualcosa? E come?

Distinguere  ciò che sta avvenendo all’interno di una forza politica di governo, e tra due esponenti di essa che rivestono massime cariche istituzionali, lascia col fiato corto un paese costretto a fare i conti con le fabbriche che chiudono, con le tasse che aumentano, coi  diritti costituzionali sempre meno garantiti. Ci si chiede come si sia creata una situazione come quella che stiamo vivendo e perché non sia stata prevista o evitata. Da quì il giallo:  che vuole davvero Gianfranco Fini? E dove pensa di collocarsi Pierferdinando Casini? E ha forse qualche idea di retromarcia l’on.Rutelli ipotizzando qualche soccorso numeri per Berlusconi e meditando nuove ribalte?

Se dietro l’odierno quadro politico non vi sono misteriosi pupari a tirare le fila, quali vecchie o quali nuove alleanze decideranno la nostra sorte?

Che peso ha un Pd che non ha ancora potuto riprendersi in mano le redini di una doverosa compattezza, e di una imprescindibile necessità di dialogare con la base e con essa ritornare profondamente ad incidere sui più gravi problemi che agitano il paese? E potrà avere spazio «la grande illusione» della Lega, che ha certamente raggiunto posizioni di punta ma il cui Senatur rimarrebbe sempre leader di mezza Italia? E non si può contare sul contributo concreto di gruppi minori che hanno tentato di mantenere la loro identità, ma rimangono inchiodati dalla odierna legge elettorale. Né potrebbero fare centro le frecce all’arco che Italia dei valori in qualche modo possiede  perché i suoi confini rimangono da qualche tempo segnati.

Vien fatto di pensare che tutto è ancora una volta sul tavolo di Silvio Berlusconi, che sotto sorrisi, battute e minacce, tiene in mano più di una carta. I conti con quel Fini che tornò in gran fretta da lui dopo la grande arrabbiatura che gli manifestò, vedendogli annunciare dal predellino la nascita di un nuovo partito, deve pure averli fatti. E da tempo non gli sfugge più nulla di Bossi e della sua ossessione  “federalismo”.

E  allora c’è da credere che l’asso dalla manica lo abbia pronto o quasi  e per ora si limita a qualche carta alta, reiterando  la sua volontà di riformare il sistema giudiziario per come lui lo intende e ribadendo la sua,  essenzialmente sua, azione di governo. Qualcuno pensa alla sfiducia?

Silvio Berlusconi, abituato com’è allo scettro, non permetterà che nessun sipario gli rovini addosso e semmai deciderà un giorno di questi, nella vita, di dimettere il suo protagonismo politico; vorrà farlo come un grande, consumato attore che esce dalla scena.

Che noi ci auguriamo ci offra poi una coinvolgente «rappresentazione»,  che  non sia più di genere giallo o noir.

Anzi che proprio non sia commedia.

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