Quando la rabbia prende (e non dovrebbe)

31 agosto 2010 di: Laura Giambruno


Si sa che la rabbia è un sentimento che ci fa perdere il controllo, è un sentimento non facilmente domabile. Si conosce bene la teoria del contare fino a 10, 100 o 1000, quando c’è qualcosa che fa arrabbiare, quando si sente la bestia rossa e nera, il moto che viene dal centro della pancia, quel centro dove è concentrata tutta la nostra energia e che in un baleno diventa l’apice di un’energia nera.

In quel momento allora sì che si dovrebbe contare anche fino a 10000, se c’è bisogno o non avendo troppo tempo bisognerebbe domare la bestia, chiedersi se vale veramente la pena di perdere il controllo, se i motivi per perderla sono importanti, dare uno sguardo oggettivo distante che farebbe sicuramente calmare.

Poi se i motivi sono fondamentalmente d’orgoglio, di avere semplicemente ragione in una disputa mentre accanto c’è una paziente gravida in brutte condizioni con un grosso rischio per se stessa e per la vita che porta in grembo, allora là veramente sarebbe necessario valutare.

Valutare in maniera responsabile, se vale veramente la pena di arrabbiarsi e di perdere il controllo uscendo dalla sala con del sangue nelle mani che non è quello dei pazienti ma è quello di una scazzottata per chi avesse ragione.

E’ quello che è accaduto pochi giorni fa a Messina a due medici con una paziente in sala parto che subito dopo il parto ha avuto un’emorragia ed è stata operata per l’asportazione dell’utero e il cui piccolo è andato due volte in arresto cardiaco e di cui si deve ancora valutare lo stato mentale.

Il prof. Granese, direttore dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia del Policlinico di Messina, ha detto con leggerezza “Litigi ne avvengono spesso, tra i due c’era qualche ruggine, ma non doveva succedere in quel momento”. No, decisamente non dovrebbe succedere mai quando sono coinvolte le vite di altre persone.

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