la scommessa del parto cesareo

11 ottobre 2010 di: Daria D’Angelo

Liti tra medici avrebbero procurato lesioni ad un neonato, diverbi esplosi per decidere se procedere con un taglio cesareo o un parto naturale. Da Aosta a Capo Passero, ovvero ovunque in Italia, qualunque cittadino abbia bisogno di cure rischia guai. Medici di famiglia trasformati in distributori di ricette e prescrizioni, pronto soccorsi gestiti spesso in modo inadeguato e diventati quasi impraticabili, cliniche ospedaliere o universitarie non sempre all’altezza dei loro compiti, personale medico e infermieristico stanco, non sempre competente e spesso scortese, liste d’attesa infinite. Con il passare degli anni le università italiane sempre più sfornano ‘dottori’ poco qualificati, con quasi nessuna esperienza pratica e impreparati per il compito che li attende. Un sistema impazzito, nel quale tra ticket, attese snervanti, pareri contrastanti, intoppi e disorganizzazione i pazienti ‘standard’ sono costretti a tempi inaccettabili prima di capire se le loro patologie esistono, se sono serie o se invece sono sani. Salvo errori di diagnosi, naturalmente. Il ricorso alle strutture private, nate con lo scopo di produrre utili per chi le gestisce, sta ulteriormente indebolendo il sistema pubblico.

Ci sono centri di “eccellenza”, naturalmente, ma un Paese civile non si definisce sulla base delle eccezioni, bensì sulla qualità media dei servizi offerti. La distanza tra Sud e Nord si è allargata, i tagli alla sanità aumentano, il caos cresce di giorno in giorno. Eppure il tema e tutto il dibattito sulla sanità si concentra sui suoi costi, non certo sulla efficienza di strutture e personale.

Un medico ha commentato gli ultimi avvenimenti relativi ai parti finiti in tragedia: «Chi di voi sarebbe contrario al fatto che i medici si consultino prima di prendere una decisione che riguarda la salute del malato?». Peccato che il consulto diventa litigio, e i tempi della decisione diventano una scommessa dell’ultimo momento: cesareo o no?

Sarebbe questo il codice deontologico di un medico? A cosa serve “consultarsi” quando ormai il ritardo di una decisione segnerà per la vita il destino di una mamma e della sua creatura, o deciderà della loro sopravvivenza? Ci si aspetterebbe che proprio dai medici, dalle migliaia di professionisti seri e preparati, si alzasse il grido di allarme, piuttosto che flebili commenti come questo.

(guardarsi l’ombelico…)

1 commento su questo articolo:

  1. simona Mafai scrive:

    Riprendo da un articolo scritto dall’amica Anna Scialabba per il “Mezzocielo” di carta: …..”Al tradizionale delirio di onnipotenza del medico ha fatto seguito la generale rivendicazione della guarigione garantita…L’istituzione assistenziale è oggi il riflesso minimo del nostro mondo senza ‘polis’, senza regole, senza bellezza …incolto, indifferente, barbaro”.

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