Quella mattina uno sconosciuto…

4 ottobre 2010 di: Fiorella Campione

Il ragazzo che mi ferma al bar dell’università, mentre distratta sorseggio il mio caffè macchiato aspettando che si faccia l’ora per andare a lezione, forse ha notato in me qualcosa che gli piace.

Forse invece ha solo bisogno di parlare, forse ama farlo.

Forse starà li per ore nell’attesa di qualcuno che abbia libero il tempo necessario per conoscere la sua storia. Tutte le volte che cerca di raccontarmi qualcosa sottolinea il fatto che “non sa come dirla”.

“ L’università di Roma ha un prato grandissimo, non so come dirlo. Dovresti andare a studiare fuori, non so come dirlo. Hai un viso conoscente, mi ricordi qualcuno, non so come dirlo”.

Mi chiedo se realmente sappia cosa ha da dirmi, di cosa vorrebbe parlare, o se il suo unico scopo sia quello di avere qualcuno ad ascoltarlo.

A volte non è poi importante quello che si ha da dire, quanto che ci sia qualcuno che stia li ad ascoltarti. Basta a dare un senso al proprio fiato, basta a sentire di avere di fronte un amico che si interessi a te.

Io probabilmente non sarò stato un ottimo interlocutore. Il primo quarto d’ora l’ho impiegato a fissarlo da dietro le mie lenti scure desiderando sempre più ardentemente che si zittisse il prima possibile e mi lasciasse, finalmente, al mio dolce e solitario risveglio.

Desideravo quel caffè su quella panchina con tutto il tempo per perdermi nei miei pensieri più di qualunque altra cosa.

Aveva interrotto un appuntamento con me stessa. Chissà quando mi sarebbe ricapitato, pensavo.

Il resto del tempo scandito dal suo chiacchiericcio continuo  l’ho impiegato a cercare di capire quanti dei suoi racconti fossero veri, quanti invece fossero stati ampliati dalla sua voglia di dire.

Qualunque potesse essere la soluzione al mio dubbio le storie di quel ragazzo, alle 9 del mattino di un martedì di sole mi importavano meno di niente.

Ma nonostante fosse già scoccata l’ora della lezione e il caffè si fosse ormai raffreddato rimasi li ad ascoltarlo tormentata da un’insistente domanda che mi impediva di interromperlo:

“cosa ci spinge alla triste necessità di essere ascoltati?”

3 commenti su questo articolo:

  1. federica scrive:

    ………………………………………………..il bisogno di essere visti………………………………………………
    bello come sempre

  2. marina scrive:

    d’accordo con federica, abbiamo troppo bisogno di essere presi in considerazione dagli altri, di essere importanti per qualcuno..per avere una conferma di se stessi!

  3. Giacomo scrive:

    Ci spinge la presunzione di avere qualcosa da dire!!

    Fiò ma per leggere anche tutti gli altri?! :D

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