c’è pieno di notizie, grazie a questi

25 novembre 2010 di: Fortunata Pace

L’unico, innegabile vantaggio della crisi politica che sconquassa l’Italia ancor più di quanto sia già tanto provata, è che la stampa si ritrova carica di notizie, a loro modo ghiotte e di buona, immediata valenza per dibattiti a catena. Ce n’ è per tutti e c’è materiale a iosa per trasformare, esempio Exit su la 7, in una rissa da cortile con aggressioni a tutto spiano, che impediscono qualsiasi deduzione politica e soprattutto qualsiasi speranza a quell’onesto spettatore che ha deposto fatalmente ogni spirito di parte.

Per il resto sappiamo bene di essere altamente a rischio e sul piano economico, che vede genuflettersi l’Europa, non ci rassicura Giulio Tremonti che pure raccatta parecchi elogi, tanto più che la povertà palese di tanti e i redditi ben alti di una fascia neppure piccola del paese – rivedere qualche puntata di Report sarebbe indispensabile – sono evidenti e pericolosissimi. Sotto ogni aspetto. E visto che la scure dei suoi tagli chiede sacrifici a settori che andrebbero, con altri sacrifici vicevera, accortamente preservati.

In attesa del 14 dicembre – fiducia a Berlusconi, nuove elezioni, maggioranza allargata, governo altro – la domanda che viene naturale è questa: qualcuno davvero ha voglia di prendersi questa patata calda che è oggi governare l’Italia? Via Berlusconi, evento per tanti versi di sollievo, c’è già un titano od una schiera di titani che, raccogliendo il testimone, sa come orientarsi e cosa fare? La grande paura sono davvero le chiacchiere, i famosi cinque punti coi quali un governo ha giocato a palla insieme a compagni che non sono più tali e ad una opposizione che barcolla e non intravede la sua precisa strada e le sue più o meno digeribili alleanze.

Le elezioni non sono un bene per il paese, un visconte dimezzato al timone neppure, ma quelli che criticano, minacciano, fanno pesare il piatto della bilancia ora qui ora là, i fautori dei piccoli colpi di scena che lasciano intatto lo spettacolo, ci spaventano ancora di più.

Potessimo intravedere uno straccio di chiaro e finalizzato programma, che si dimostri almeno salvifico! Ma non c’è. I leader accusano ritardi e lacune che a conti fatti sono colpa di ognuno di loro, ma con disinvoltura da vendere sono ospiti fissi di un teleschermo dal quale a ragione sospettiamo si sentano gratificati. Quasi quanto i Misseri, che occupano l’altra metà dello spazio televisvo. Ma per i quali dobbiamo pensare che, prima o poi, «giustizia sarà fatta».

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