ciao, come va?

5 novembre 2010 di: Daria D’Angelo

«Quel pomeriggio di agosto, l’umidità era insopportabile. Tornando in albergo, salii su un autobus e fui colto di sorpresa dall’autista che mi diede immediatamente il suo benvenuto a bordo con un cordiale “Ciao! Come va?”: un saluto che rivolgeva a tutti quelli che salivano. Ogni passeggero restava stupito, proprio come lo ero stato io, e pochi furono quelli che ricambiarono il saluto, chiusi com’erano nell’umor nero della giornata.

Ma mentre l’autobus procedeva nell’ingorgo, si verificò una lenta trasformazione – una sorta di incantesimo. L’autista si esibì per noi in un monologo, un vivace commento sullo scenario intorno a noi – c’erano saldi fantastici in quel magazzino e una splendida mostra in questo museo…avevamo sentito di quel nuovo film al cinema in fondo all’isolato? L’uomo era deliziato dalle molteplici possibilità offerte dalla città, e il suo piacere era contagioso. Al momento di scendere dall’autobus, tutti si erano ormai scrollati di dosso il guscio di umor nero con il quale erano saliti, e quando l’autista gridava loro “Arrivederci, buona giornata!” rispondevano tutti con un sorriso».

Sarebbe una bella fiaba da raccontare ai bambini, il brano tratto da un famoso libro di Daniel Goleman Intelligenza Emotiva che ha fatto discutere per mesi l’America, l’Europa e l’Italia. Leggendo le cronache giornaliere continuiamo ad assistere alla paurosa disintegrazione della civiltà e al venir meno della sicurezza. L’omicidio della metropolitana di Roma, il tassista aggredito e ridotto in fin di vita…. Non vorrei ripetere opinioni e pareri personali come sta facendo tutta l’Italia, spinta dal bombardamento mediatico, credo sia meglio approfondire, chiedersi che senso abbia tutto questo, capire perché osanniamo testi che parlano di emotività senza comprendere quanto bisogno si abbia di educare, di leggere, di far conoscere e mettere per primi in atto le regole di comportamenti più logici che oggi sono diventati fiaba, utopia.

Siamo noi là, in quelle file da rispettare, nelle metropolitane, siamo noi che corriamo nella vita quotidiana più preoccupati di arrivare in orario al lavoro che di fermarci a soccorrere un passante in difficoltà, siamo tutti noi chiamati a riflettere per cercare di fermarci e imparare a controllare e riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri.

I nostri, sono anni nei quali il tessuto della società si sta logorando a velocità sempre maggiore, sono tempi nei quali l’egoismo, la violenza e la miseria morale stanno congiurando per corrompere i valori della nostra vita di comunità. Se esistono due atteggiamenti morali dei quali si ha fortemente, assolutamente necessità, questi sono l’autocontrollo e la compassione.

Come portare, allora, la civiltà nelle nostre strade e l’attenzione per l’altro nella nostra vita? Forse, abbiamo bisogno di educazione, di imparare a controllare le emozioni, un’alternativa più sana e utile dello sterile scambio di opinioni per stabilire se abbia ragione il ragazzo romano, o il tassista, o la donna rumena.

Intanto, l’autista di Goleman con il suo magico potere di attenuare la cupa irritabilità dei suoi passeggeri rimane cristallizzato in una favola, mentre le nostre emozioni impazziscono e noi perdiamo il controllo, confusi fra la paura e la forza, fra il coraggio e l’omertà.

1 commento su questo articolo:

  1. lucia gallo scrive:

    Cara Daria il tuo articolo inizia come una favola, ma descrive la realtà attuale, potevo avertelo suggerito io tanto descriveva le mie considerazioni

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