la seconda domanda

14 novembre 2010 di: Marco Pomar

In uno Stato dove l’informazione è claudicante, sofferente e troppo spesso asservita, sarebbe opportuno adottare una vecchia regola del giornalismo, quella della seconda domanda. A volte qualcuno che chieda cose scomode al potente di turno si sente, è raro trovare chi faccia la seconda domanda.

Quando il capo del governo ha risposto al quesito sulle sue donne a pagamento sostenendo che è meglio amare le donne che essere gay, qualcuno avrebbe potuto domandargli semplicemente: perché?

Al nostro sindaco che ha trasformato la vergognosa vicenda del suo skipper lavoratore al comune e assenteista in un gesto di altruismo nei confronti di un padre di famiglia, bisognava chiedere: perché lui e non tutti gli altri disoccupati palermitani?

Berlusconi ha sostenuto di non avere subìto alcuna contestazione in Veneto, e che i giornali sono tutti bugiardi. Nessuno che gli abbia chiesto: e i manifestanti fotografati? E gli striscioni? Finti anche quelli?

Non dico di incalzare l’interlocutore con domande scomode, sarebbe davvero troppo, rischieremmo di sembrare un paese civile, ma una domandina in più, che vi costa?

(Cristiano Tassinari, Volevo solo fare il giornalista)

1 commento su questo articolo:

  1. giulia.p scrive:

    Bravo Marco, bravo bisognerebbe chiedere perchè, perchè, perchè, senza fermarsi

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