a loro è toccato credere, e a noi?
Si può provare un’emozione civile? Sembrano parole poco accostabili, quasi un’ossimoro, ma è questo che mi viene in mente ripensando a quello che ho sentito vedendo “Noi credevamo” di Mario Martone. E’ un film che racconta un Risorgimento fuori da ogni retorica, partendo dal Sud e ritornando al Sud senza nascondere miserie, contraddizioni e devastazioni pre e post unitarie; le storie di tre giovani meridionali si dipanano attraverso la Storia, incontrando quelle di personaggi realmente esistiti ma poco noti – fra cui una donna eccezionale, Cristina di Belgiojoso. Alla fine, l’amarezza di ritrovarsi in una realtà diversa da quella sperata, in una nazione incompiuta e attraversata da profonde lacerazioni e ingiustizie, conduce dritto alle divisioni e ai contrasti di oggi.
Non si può non pensare, al di là delle celebrazioni, a cosa resti adesso della passione di quelle donne e di quegli uomini; e la prima considerazione che mi passa per la mente è che anche oggi c’è chi rischia la vita e c’è chi la perde per cercare di realizzare gli ideali in cui crede: basti pensare, tra gli altri, al sindaco Vassallo; e, a ben vedere, i nemici sono diversi (forse) ma i valori sono gli stessi: da allora non abbiamo smesso di considerarci cittadini e non sudditi, di volere uno Stato in cui la legge sia uguale per tutti, in cui vi siano, insieme, libertà e giustizia sociale. Ma la nostra realtà è, ancora oggi, ben diversa: anzi, negli ultimi decenni la nazione è regredita nell’odio, incrostata sempre più in mali secolari. Forse le emozioni civili (e fra esse metto la vergogna, la rabbia, l’indignazione) possono aiutarci a superare scetticismo e rassegnazione per impegnarci – e davvero credere – nel cambiamento, un cambiamento possibile qui ed ora. Soprattutto qui, soprattutto ora. (E se non ora, quando?)
(Francesca Inaudi interpreta Cristina di Belgioioso nel film Noi credevamo di Mario Martone)
Cara Rossella fra tanti pareri contrastanti il tuo coincide col mio, anch’io ho sentito le stesse emozioni, ma un po’ isolata dagli altri