senza parole

9 novembre 2010 di: Gisella Modica

Quando ci siamo imbattute nella nuova avventura del sito di Mezzocielo ci siamo riproposte – così come facciamo da sempre per il cartaceo – di essere quanto più possibile fedeli a noi stesse nel mettere le parole una dietro l’altra a commento degli avvenimenti. Che ci fosse cioè una corrispondenza fra le parole e il sentire di ciascuna in quel momento. Impresa non facile. Ma è questa la sfida di Mezzocielo, nata sull’onda dei sentimenti provocati dalle stragi di Falcone e Borsellino, quando i primi numeri si facevano in piazza col taglia e incolla nel senso figurato del termine. Lo vogliamo perché a noi non basta dare la notizia o commentare il fatto del giorno; né vogliamo essere replicanti dell’informazione corrente, anche quella più egregia, non solo la spazzatura.

La sfida è fare vedere proprio dove l’informazione non vede o non vuole vedere. A partire soprattutto – perché quello ci sta molto a cuore – dal fatto che vede le donne solo dove si vuole che siano: arrampicate sul cubo a fare la lap dance, o a fare le crocerossine. Anche se gli argomenti certo non mancano, a me da un pò di tempo queste parole per dire mancano e non scrivo. Leggo i commenti delle lettrici e delle amiche della redazione e questi ultimi in particolare mi confermano che la forza di Mezzocielo sta proprio nella capacità – siamo brave e lo dico – di tenere insieme le tante differenze che provengono a loro volta dalle diverse esperienze, e di conseguenza i diversi linguaggi. Ma il tentativo comune è sempre lo stesso: trovare la corrispondenza. Quando questo succede, la risposta delle lettrici e dei lettori, il cui numero mi pare aumenti e ne siamo contente, è immediata, e si vede dalla quantità dei commenti. Lo vedo in Liberissime dove la corrispondenza è più immediata.

Chi ha il dono della poesia, ha come dire una marcia in più, perché riesce a condensare in parole essenziali il fatto con una lingua del cuore. Allora mi capita – ma non credo sia un fatto solo individuale – che si apre uno squarcio sulla realtà, e la illumina. A volte è solo una fessura, un particolare, ma è quel tanto che basta per partire da lì e ricostruire l’intera trama. Per questo è difficile trovare sempre le parole giuste, perché sono convinta che per capire la trama del presente, così complessa, sono importanti i particolari, le cose che a prima vista non si vedono. Per questo quando le parole giuste non mi vengono è meglio aspettare. E io aspetto.

4 commenti su questo articolo:

  1. f.v. scrive:

    Trovo opportuno il tuo invito ad aspettare prima di pronunciarsi sugli avvenimenti, anche per dare tempo alle cose di svelare la complessità che spesso nascondono. Penso soprattutto ai fatti di cronaca che quotidianamente vengono riportati con la crudezza raccapricciante del mezzo televisivo; sospendere il giudizio prima di stabilire da che parte stanno vittime e carnefici è un atto di rispetto verso chi sta vivendo una tragedia. Dove c’è violenza ci sono sempre vite reali, grandissime sofferenze, giochi di potere di cui tante volte è difficile stabilire l’origine. Prendere posizione contro la violenza sulle donne, è anche questo un atto dovuto, ma fuori dall’urgenza di tragedie su cui forse è bene tacere.

  2. daniela scrive:

    Se sapessi Gisella quante volte non si trovano le parole, anche per parlare,nn solo per scrivere, è il tempo della riflessione o della disperazione?

  3. Anna A. scrive:

    può essere che io non ho capito niente dell’articolo di gisella ma mi pare che volesse dire, e ha trovato le parole per dirlo, qualcosa che si riferisce alla pluralità degli articoli del sito e ai diversi modi che ognuno ha di dire le cose. Secondo me si riferiva alla diversità delle persone che scrivono sul sito e che ognuna ha uno stile diverso. ho visto il riferimento alla poesia come dono o lingua del cuore. non mi pare che volessi fare un discorso sulla violenza o sbaglio?

  4. gisella modica scrive:

    si, in verità volevo proprio parlare delle differenze di linguaggio e di esperienze dentro il sito che sono una ricchezza e che non trovare le parole in questo momento era “esclusivamente” un fatto personale. Non era un invito a tacere, per carità, nè tanto meno una via da seguire. Lo sostengo perchè per quanto mi riguarda una parola giusta, – ed è meglio che specifichi cos’è per me giusta – cioè quella che nasce dalla riflessione della propria esperienza e del proprio stato d’animo in relazione ad un avvenimento, per poterlo modificare – è più efficace di cento azioni ripetitive, sopratutto quando sono dettate dalla disperazione, che di questi tempi non ci manca.

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