trentacinque anni fa, Pasolini

4 novembre 2010 di: Francesca Traìna

Era un giorno d’autunno, 2 novembre 1975, quando Pier Paolo Pasolini veniva massacrato sul litorale di Ostia. Un giorno cruento di battaglia dove nessuno vince e alla fine si contano solo i morti e i feriti. La notte romana declinò lacrime e rabbia. Seguirono congetture, polemiche, stampa e tv a contendersi notizie proprio come ieri, anno 2010, quando la curiosità morbosa viene sottolineata con disgusto ma, a volte, parrebbe essere legittimata dalla fama che accompagna chi muore. La vita di Pasolini fu rivoltata senza rispetto, scandagliato ogni suo movimento, ogni parola, ogni scritto, dispiegate le pagine di una “vita violenta” pur di scoprire in quale recesso si annidasse il “male”, la “maledizione” compagna del genio.

Lo amavamo, ne conoscevamo le opere, i film (da Mamma Roma in poi…), ne apprezzavamo il coraggio, la forza di sfidare tutto perché tutto cambiasse. E così può apparire persino fastidioso celebrare un anniversario e, certamente, fastidioso lo sarà per Berlusconi che proprio ieri, ciliegina sulla torta rancida, ha dichiarato che è meglio «guardare le belle ragazze che essere gay».

Coperta dal disgusto non mi soffermo sull’ennesima offensiva boutade del premier macho, ma penso a quei balordi che hanno commesso il più tragico dei delitti.

Hanno strappato all’umanità un poeta, emblema di coraggio civile. Criminali, ragazzi di vita, omicidio politico; ancora oggi non sappiamo. La vicenda giudiziaria resta aperta.

Ai funerali fra gli/le altri/e: Bertolucci, Moravia, Morante, Callas, Maraini, ma anche Davoli e Citti, compagni di strada, inseparabili amici di una vita e della sua rappresentazione.

«Quando muore un poeta è come se morisse una stella in cielo», disse Moravia durante le esequie. E una stella si spegneva, ma non la sua luce.

«Dissero che da lontano non sembravi nemmeno un corpo, tanto eri massacrato. Sembravi un mucchio di immondizia e solo dopo che t’ebbero guardato da vicino si accorsero che non eri immondizia, eri un uomo. Mi maltratterai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una luce s’è spenta?». Così Oriana Fallaci scrive in una appassionata e commossa lettera ricordando l’amico e l’intellettuale; parla dei tanti incontri romani insieme a Panagulis che di lì a poco sarebbe stato, anche lui, ucciso nella sua Grecia ancora non libera dai colonnelli. E aggiunge: «Nessun prete mi ha mai parlato come te di Gesù Cristo e di San Francesco. Una volta mi hai parlato anche di Sant’Agostino, del peccato e della salvezza come li vedeva Sant’Agostino. È stato quando mi hai recitato a memoria il paragrafo in cui Sant’Agostino racconta di sua madre che si ubriaca. Ed ho compreso in quell’occasione che cercavi il peccato per cercar la salvezza, certo che la salvezza può venire solo dal peccato, e tanto più profondo è il peccato tanto più liberatrice è la salvezza».

Pasolini ci manca. Manca la sua voce che oggi si sarebbe levata alta contro il buio di questa Italia.

9 commenti su questo articolo:

  1. Enzo Sciamè scrive:

    Uno scritto straordinario, per ricordare un uomo straordinario. Una luce che avrebbe illuminato questonostro povero Paese sempre più al buio, sempre più povero di cultura, omologato.

  2. f.v. scrive:

    Forse il peccato che salva è di coloro che sono immersi fino infondo in una condizione di vita che non hanno potuto scegliere. Fino a quando si “posseggono” gli strumenti intellettuali che permettono di entrare e uscire dalle situazioni e di pensarle, non saremo mai peccatori puri. Questa forse è stata la grande amarezza di Pasolini: capire che la salvezza stava nei ragazzi di borgata che lui amava, ma, vestito della sua cultura, non potere condividere fino in fondo la grandezza nascosta negli “sventurati” e constatare quanto inefficaci fossero le sue “lezioni” date a…Gennariello, così lontano dal suo mondo borghese. Anche S. Weil, ha vissuto con grande sofferenza analoghi sentimenti rispetto agli operai e al lavoro in fabbrica. Ringrazio Pasolini per la forza e la bellezza del suo pensiero.

  3. A. De Gregorio scrive:

    Non finirò di dire grazie a Pasolini, poeta coraggioso che ha sfidato la società borghese e omologata, che ha combattuto contro le ingiustizie; “sventurato” come quei ragazzi che amava e che con le loro mani l’hanno ucciso, ignari forse, del danno che avrebbero arrecato al mondo e al nostro paese. Grazie a te Francesca Traina che hai saputo ricordarlo con le tue parole rare.

  4. anna trapani scrive:

    Come sempre un pezzo di grande levatura per ricordare questa volta un poeta di rara intensità e coraggio. Se fosse ancora tra noi non posso non pensare come si leverebbe alta la sua voce contro certa spazzatura politica e certi “uomini di stato” che affossano l’Italia dietro scandaletti di infimo livello mentre la sua poesia irradiava forza e elevava i disgraziati di borgata a elemento poetico. Per fortuna ci sono ancora poete come te,Francesca, che ricordano chi le ha precedute. Grazie per questo ricordo.

  5. Nino Russo scrive:

    Ricordare Pasolini è molto importante in questo momento storico-politico, importante quanto ricordare l’unità d’italia. Grazie a voi tutte perché questo sito dà possibilità di leggere articoli riguardanti grandi temi politici, sociali, ma anche letterari e poetici che non ci distolgono dai problemi reali del Paese, ma allentano l’ansia per quanto di squallido siamo costretti a vedere. La varietà degli articoli e dei loro contenuti, secondo il mio punto di vista, è la vera ricchezza di questo sito che mi auguro saprete conservare come risorsa contro il “pensiero unico”.

    • Rosanna Pirajno scrive:

      grazie, faremo di tutto per preservare questa “risorsa” dalla banalizzazione, finché forza intelligenza autonomia ce lo consentiranno e finché lettori e lettrici della tua levatura ci saranno di stimolo.

  6. Maria Grazia scrive:

    Cara Francesca, teresa (?) è stata pessima, una caduta di stile che avrebbe voluto danneggiare la poesia e “la poeta del gruppo” che sei, innegabilmente, tu. Mi dispiace che questa persona, chiunque sia, per valutare un articolo ottimo che non avrebbe avuto bisogno di “difensori d’ufficio” sia per il contenuto che per l’autrice che tutte noi conosciamo e stimiamo, abbia strumentalizzato la poesia e la poeta. Una cosa biasimevole e disdicevole! Ciao, a presto.

  7. Fabio Morello scrive:

    Da “Siamo tutti in pericolo”, di Furio Colombo, l’Unità 9 maggio

    Che cos’è il potere, secondo te, dove è, dove sta, come lo stani?
    Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono.

    Questo è un pensiero tratto da un’intervista fatta da Colombo al grande Pasolini nel 1975.
    Son passati trentacinque anni e nulla è cambiato, siamo ancora in pericolo! In grande Pericolo!
    Grazie ancora per i suoi articoli che ci svegliano dal torpore dell’indifferenza e della mediocrità.
    Con tanto affetto.
    Fabio Morello

  8. cetti scrive:

    Interessante questo articolo su pasolini. ricordarlo al momento opportuno fa bene, non dimenticarlo sarebbe necessario.

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