la Repubblica siamo noi, tuteliamo il paesaggio

7 dicembre 2010 di: Daria D’Angelo

Solo in Italia la protezione del paesaggio è prescritta dalla Costituzione repubblicana, ed è proprio in Italia che vigono le migliori leggi di tutela. Eppure il nostro paese è il più “abusato” dall’edilizia e da un sistema che autorizza legalmente a costruire in modo sconsiderato. Il verbo tutelare, dettato dalla necessità di adottare precauzioni per difendere e salvaguardare beni artistici e storici da chi è incline a danneggiarli o distruggerli, appare una premonizione esatta.

Da decenni infatti i Piani regolatori dei Comuni, strozzati dal calo dei finanziamenti statali che li spingono a far cassa attraverso concessioni edilizie e svendita del suolo pubblico, prevedono espansioni senza limiti per tenere in piedi i bilanci, a discapito di centri storici abbandonati che crollano a pezzi. Sorgono ovunque insediamenti residenziali e centri commerciali spropositati, fiere di divertimento che offrono domeniche di shopping scontatissimo, le città si espandono senza limiti, anonime e indistinte. Le infrastrutture sono viceversa obsolete, le autostrade intasate e le arterie a scorrimento veloce diventate strade perennemente bloccate da lavori in corso, o da troppo traffico domenicale e feriale. Ovunque raccordi, rotonde, rettilinei di asfalto irregolare, gallerie non illuminate, distese di cemento remunerativo per alcuni ma deturpante per i paesaggi di cui una volta il Paese andava fiero.

E’ saltato l’equilibrio città-campagna. La campagna è invasa dalla città, ma non è diventata città e non è più campagna. Fertili pianure, romantiche coste marine, affascinanti montagne e armoniose colline sono state distrutte da betoniere, trivelle e ruspe. Dalla Padania alla Campania colate di cemento in prossimità di oasi naturali e siti archeologici, e altro cemento per nascondere rifiuti tossici. Lo spazio sociale, stravolto dal meccanismo del consumismo, è diventato merce: vale non perché possiamo viverlo, ma perché possiamo occuparlo, prezzarlo, commercializzarlo. Governo e Parlamento considerano paesaggi e beni culturali palle al piede che bloccano lo sviluppo, una seccatura che ostacolerebbe il progresso civile. E invece il paesaggio, sacrificato al profitto con il rischio costante di catastrofi annunciate, va protetto in quanto portatore di valori, garante di vita associata, legame delle esperienze sociali.

Se il modello dell’iper consumismo non ha rispetto per la storia e per la natura, tocca a noi cittadini, consapevoli che la crosta di asfalto e cemento è veleno per la terra, piombo che intossica la crescita dei figli, cambiare modello. Per fermare le colate di cemento, bisogna amare e salvaguardare la terra.

Non ci resta che chiedere, a chi ancora non ha peccati, che non posi la prima pietra.

(cartolina di paesaggio costiero italiano, modernissimo)

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