le due facce della violenza

23 dicembre 2010 di: Rossella Caleca

Yara, una ragazzina di tredici anni, scompare a pochi passi da casa. Dietro di lei sembra che resti soltanto l’angoscia in coloro che la cercano e l’inquietudine che prende tutte noi, madri o no, per l’insicurezza che pervade le nostre vite. E mi vengono in mente altre strane storie.

Ricordo la mamma di Caterina, una ragazza con problemi psichici che, molti anni fa, frequentava il Centro Diurno del Servizio di salute mentale dove lavoro. La signora accompagnava ogni mattina la figlia, poi tornava a riprenderla aspettando pazientemente la fine delle attività, e la riportava a casa; non la perdeva di vista un attimo. Questa occhiuta sorveglianza nei confronti della figlia (che aveva quasi quarant’anni ed era del tutto autonoma) mi sembrava allora un’ottusa forma di violenza. Ma nel corso degli anni, ho sentito, ho seguito molte altre vicende: storie di bambine, ragazze, donne adulte con disabilità fisiche o psichiche, oggetto di violenza e sfruttamento sessuale da parte di familiari ed estranei. Tanto più frequentemente e impunemente in quanto più fragili di altre: la loro incapacità di reagire è spacciata per consenso… Ed ancora: nell’inchiesta di Danilo Dolci “Banditi a Partinico” realizzata negli anni Cinquanta, una ragazza del degradato quartiere Spinesante affermava: «I fimmini civili (borghesi) nescinu suli, nuatri chi semu genti bassi emu a stari dintra». Non si doveva certo ad una maggiore “spregiudicatezza” (in quegli anni, in quei luoghi) delle borghesi tale differenza di comportamento: ma, forse, alla percezione di una maggiore difficoltà ad ottenere rispetto, al sentirsi maggiormente esposte a rischi a causa della propria povertà. Mi chiedo allora: è cambiato tutto e non è cambiato niente? Da un lato l’incremento della violenza sulle donne appare legato all’acquisizione di forza e di autonomia compiuta negli ultimi decenni, difficile da accettare per molti; dall’altro, le più fragili, per disabilità, marginalità sociale, o giovanissima età, sono ancora viste da molti solo come prede più facili.

Ma a ben guardare si tratta della stessa logica aberrante che nutre ogni violenza: possedere, avere totalmente in proprio potere qualcuno che “deve” essere più debole. Anche, e soprattutto, se sta diventando più forte.

(Maria Grazia Di Giorgio, Ragazze con capretta)

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