misteri italiani, l’ultimo atto

23 dicembre 2010 di: Giusi Catalfamo

Giuliana Sgrena, corrispondente a Baghdad per il Manifesto, era stata sequestrata dai terroristi già da un mese. La mobilitazione per la sua liberazione era stata molto pressante e articolata. Il governo italiano invia un ufficiale del Sismi, Nicola Calipari, per contrattare con i rapitori e riportarla in patria. Giuliana riesce a tornare in Italia, è ferita ma salva. Nicola Calipari resterà ucciso in un agguato. Nella macchina che riporta Giuliana in Italia, verso l’aeroporto, c’era euforia. Calipari era felice per l’esito della contrattazione con i terroristi, andata a buon fine. A un tratto l’agguato, a un posto di blocco “mobile” e senza alcuna segnalazione preliminare, come prescrivono le regole di ingaggio. Sparano ad altezza d’uomo, come racconterà Giuliana Sgrena ai giudici, Calipari fa scudo con il proprio corpo, ma viene colpito alla testa da un proiettile; Giuliana e l’autista vengono feriti.

Questi i fatti di quel 4 marzo 2005. Le versioni che il governo americano e quello italiano hanno dato dell’accaduto, contrastano in molti punti. Secondo la versione americana la macchina procedeva a più di 100 km orari; alcuni dei proiettili sarebbero stati accidentalmente deviati; nessuno era a conoscenza dell’operazione, né dell’identità dei passeggeri dell’auto: si è trattato quindi di “un tragico incidente”. Secondo la versione italiana, la macchina procedeva a velocità moderata, non c’era alcuna segnaletica che segnalasse “l’alt”, né c’erano segnali preliminari; le forze americane, erano state preventivamente avvertite sull’identità dei passeggeri. La stessa Giuliana Sgrena affermerà che i suoi rapitori, poco prima di lasciarla libera le hanno detto di stare attenta perché gli Stati Uniti non gradivano il suo ritorno a casa, e non gradivano che si pagasse un riscatto, in quanto un pericoloso incentivo per i terroristi. La verità di quella sera è stata rivelata da Wikileaks in un documento redatto da Mel Sembler, ambasciatore americano in quel periodo, baghdad, gianfranco fini, presenti l’allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini, il sottosegretario Gianni Letta e altri funzionari. Nel documento l’omicidio Calipari, viene definito “non intenzionale”, come fosse stato appositamente costruito per impedire ulteriori inchieste della magistratura, ed evitare che la vicenda danneggiasse i buoni rapporti Italia-Usa e l’impegno militare italiano in Iraq.

Secondo Julian Assange, (e meno male che c’è), il governo Berlusconi si sarebbe impegnato a bloccare i tentativi di ulteriori indagini parlamentari, sostenendo la tesi del “tragico incidente”. La domanda è lecita, ma che governo è quello che accetta senza protestare una versione, che alla luce dei vari riscontri, presenta molti buchi? Un altro segreto di stato, altri omissis per coprire i nomi dei colpevoli, altre connivenze. Ma un sospetto si fa strada: e se fosse semplicemente complicità?

(Roma, giardino Nicola Calipari, ph Valeria Di Giuseppe)

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