non è certo paese di giovani

18 dicembre 2010 di: Daria D’Angelo

Le proteste del mondo studentesco non sembrano placarsi in tutta Italia. Dai gravi fatti di Roma, dove giovani facinorosi si sono recati alle soglie dell’ingresso del Senato per esprimere la disapprovazione ai tagli alla scuola decisi dal ministro Gelmini, ai sit-in di protesta a Palermo con corteo di un migliaio di studenti giunti al Provveditorato degli studi. Striscioni e cori contro i famigerati tagli all’istruzione, che accompagnano la protesta, ma non illudiamoci. Ogni anno i giovani tornano alla ribalta della scena Italiana nella parte di araldi del cambiamento, protagonisti della “svolta”, avanguardia di protesta della società contro il cattivo potere di turno. Poi, la protesta si spegne e tutto torna alla normalità, tutto come prima, dimenticate foto di cortei, articoli di giornali, interviste ai più “ribelli”. Di fondo c’è un inganno: non siamo in un paese che dà veramente spazio ai giovani; viviamo in una Nazione dominata da vecchi, e non solo per un elemento biologico-anagrafico che riguarda la scarsa natalità e la diminuita mortalità. Negli ultimi vent’anni, insieme alla paralisi economica, l’Italia ha perso lo slancio e la vitalità. In nessun altro paese come nel nostro i vertici degli ambiti lavorativi sono protetti da regole, formali o informali, che sbarrano il passo a chi non abbia un’anzianità o non goda di potenti appoggi. Nepotismo e clientelismo, uniti al culto della carriera, sbarrano il passo a funzionari più giovani e intraprendenti.

Nelle Università e in altri sistemi, come quello bancario ad esempio, i nuovi ingressi vengono sempre drasticamente selezionati. In tutti i consigli d’amministrazione del settore privato, troviamo una straripante presenza di settantenni. Lo stesso in politica: ritirarsi a una certa età per dedicarsi a qualche altra attività è cosa da noi sconosciuta, l’età media dei leader italiani è alta ed ogni volta che si devono nominare i vertici, si può essere sicuri che nel novanta per cento dei casi si sceglierà un vecchio politico o un vecchio burocrate con una lunga carriera alle spalle, nei più svariati incarichi (ognuno dei quali in genere non c’entra nulla con l’altro), mai un giovane brillante e dinamico. Il potere dell’Italia, oltre ad essere ancora oggi prevalentemente maschile, è un potere di anziani privo di gusto per il nuovo, a corto di idee e di iniziative coraggiose, incapace di rischiare davvero. Ampolloso e ripetitivo, è abituato a muoversi con circospezione e scetticismo. Un potere rappresentato da volti che abbiamo davanti agli occhi da così tanto tempo, che ormai ci sembrano eterni.

In questo modo i giovani diventano sempre meno visibili; a causa delle differenze di reddito adolescenti e giovani coppie vengono sempre più ghettizzati sotto l’emblema di valori anacronistici e sterili ma, soprattutto, viene sottratta loro l’importante fetta di avvenire che gli spetterebbe. Esposti come paladini dell’innovazione, gli italiani giovani sono di fatto vittime di un’Italia che non è certo un paese di giovani.

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