Que se vayan todos…gli studenti tornano a casa!

24 dicembre 2010 di: Fiorella Campione

Que se vayan todos

Gli studenti tornano a casa!

Non suonano alcun campanello, non aprono alcuna porta, non dicono buongiorno o buonasera. Nessun divano comodo su cui accendere la tv ma strade asfaltate dove sedersi in fila. Nessun pasto caldo in tavola ma bocconi amari da non voler mandar giù. Gli studenti tornano in casa loro. Gli studenti sono tornati in piazza! Il profumo di familiarità, di solidarietà che si respira incontrando un corteo in marcia arriva prima dell’odore acre della rabbia. Forse per questo il nostro premier li ha appellati “pseudo studenti” quando si è accorto di loro. Forse l’abbiamo frainteso. Forse intendeva dire che questi ragazzi non sono solo compagni a scuola, non sono solo colleghi in aula ma sono prima di tutto fratelli in piazza. Una famiglia unita nell’abbraccio di un corteo che porta in spalla una sola,unica idea: Que se vayan todos! Che tolgano le mani dal nostro futuro, che non facciano pagare a noi la loro crisi.

“Cosa vogliamo?” Urlano gli slogan sempre più arrabbiati “Vogliamo tutto!”.

La richiesta, ancora una volta, è il ritiro del ddl 1905, di una riforma accusata di subordinare sapere e cultura al mercato, di una riforma che vuole prenderci in giro nascosta dietro un velo di falsa giustizia. La richiesta ancora una volta è di partecipare, nella scelta dei colori, al disegno del nostro futuro. Mi chiedo che valore abbia l’approvazione di una riforma sull’istruzione, di una riforma per i giovani se non sono i giovani a volerla. Ma ci immaginiamo un estraneo che un giorno, d’improvviso, arriva in casa nostra e ci impone che so?

Di tenere un armadio a tre ante al centro del nostro salone senza il nostro consenso?

Quello che intendo dire è che in casa nostra, nell’ambito dell’istruzione che in prima persona ci riguarda noi, studenti ormai stanchi e disillusi, meriteremmo almeno di essere ascoltati.

E qualcuno, infine, l’ha fatto. Il presidente Napolitano a Roma ha accolto un piccolo numero di studenti permettendo così per la prima volta a questi la possibilità di un confronto che ha contribuito a mantenere un clima di quiete durante l’ennesima manifestazione per le vie della capitale.

Confronto che non è invece stato accolto nella città di Palermo dove un gruppo di manifestanti riuniti davanti il palazzo della Regione si è ritrovato, come non era ancora successo, tête-à-tête con le forze dell’ordine ( o forse sarebbe meglio dire tête-à-manganello).

Si dirà ancora una volta che qualsiasi forma di protesta viene accolta dall’altro dell’Olimpo di questi Dei buoni ma che la violenza conduce la ragione al torto, che questo non è il modo giusto per comunicare il dissenso, che esistono altre strade per sbandierare le proprie idee.

Io non condivido la violenza ma sta di fatto che ieri la mia città era su tutti i telegiornali e mi viene fin troppo spontaneo pensare: “Bisognava che anche noi scagliassimo la pietra per avere puntati i riflettori addosso?”

2 commenti su questo articolo:

  1. Simona Mafai scrive:

    Sì, hai ragione. Anch’io sono fermamente contro la violenza, che alla fin fine giova proprio a chi vuole limitare partecipazione e libertà. Ma le regole non scritte dei “media” vanno in direzione opposta: si dà notizia solo quando, e se, c’è violenza. Come uscire da questa trappola? E’ una bella domanda da fare a noi stessi/e e al mondo dell’informazione che , a volte inconsapevolmente, sollecita mascherate e aggressività, perché solo a queste dà visibilità.

  2. silvana scrive:

    Brava Fiorella, un articolo veramente dalla parte dei giovani che, come dici tu, mal sopportano che qualcuno metta un armadio nella loro stanza senza consenso,

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