Stop shoppers

28 dicembre 2010 di: Rosanna Pirajno

Dall’anno nuovo niente più sacchetti di plastica per fare la spesa, gli shopper milleusi che hanno cambiato le nostre abitudini domestiche invadendo ogni spazio di utilizzo, ma ahimé anche ogni angolo di terra mare e fiumi, vanno in pensione per delibera comunitaria. Che l’Italia, manco a dirlo, adotta con un anno di ritardo e solo per l’impuntatura della ministro Prestigiacomo non rinvia ulteriormente. Gli esercizi commerciali hanno l’obbligo di rispettare la messa al bando, offrendo ai clienti soluzioni alternative che vanno dai sacchetti in materiale biodegradabile ricavato dal mais, alla carta e cartoncino, alle sporte di tela e juta riutilizzabili e che le donne dovranno riprendere a tenere in borsa come ai tempi pre-shopper. Certo, è un cambiamento che comporterà qualche fastidio e anche perplessità sulla sostituzione più confacente per merci speciali (il pesce, per dire, come lo incarto?), ma vivaddio non se ne poteva più del patetico «mi dia un sacchetto di plastica» per qualsiasi acquisto anche piccolo e piccolissimo, una medicina un rossetto un libro un regalino, da cacciare con disinvoltura nelle capaci borse che ci portiamo anche a teatro.

Anche se in alcuni supermercati si pagava qualche centesimo a sacchetto, era una frenesia raccattarne quanti più possibile, giusto per risparmiare sui sacchetti azzurri per la spazzatura o per trasportare carabattole familiari o per gli altri utilizzi per cui venivano buoni, senza pensare che non sarebbero scomparsi dai nostri orizzonti se non dopo quasi un secolo di permanenza, in discarica e in ogni altro posto in cui la diffusa inciviltà e irresponsabilità li deposita, sulla terra che non ne può più di sostenerci.

Come tante, e conto in una crescita esponenziale delle fanatiche del borsino, uso le borse di tela da decenni e mi rifiuto di accettarne di non riciclabili perché, a vedere quei muraglioni di sacchetti nelle città che non hanno risolto il problema dello smaltimento dei rifiuti, penso che stiamo distruggendo con le nostre mani la nostra esistenza e quella del pianeta. Ma con le nostre mani, femminili e amorevoli, possiamo ancora compiere piccoli gesti per venirne fuori. Cambiare abitudini si può e ora si deve.

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