I patti sociali e la loro violazione

12 gennaio 2011 di: Elena Ciofalo

Vulnerabilità: tra le sensazioni è la più disarmante. La condizione si concretizza nell’essere soli, indifesi, appunto toccabili, accessibili contro la propria volontà. Deriva dallo smantellamento di molte certezze su cui si basa la natura sociale umana, grazie alle quali possiamo sentirci ora l’essere più protetto e sicuro, ora la creatura più esposta. Perché in effetti siamo proprio vulnerabili, l’unica protezione che ci difende è il patto implicito di convivenza che impedisce la lesione reciproca: la vulnerabilità è appunto il colpo inferto al patto, la sua lacerazione. La vulnerabilità arriva quando trionfa la consapevolezza del disarmo e l’abbandono definitivo all’apertura forzata al mondo, è il senso di non poter modificare le cose, è la mortificazione, il ferimento. Che siano furti, violenze carnali, fuga d’informazioni, si tratta sempre della stessa mortificazione, di un accesso indesiderato ai propri beni, al proprio corpo, alla propria vita, contro cui non si può far nulla. Non si tratta di un prodotto dei tempi moderni, caratterizzati anzi dalla volontaria apertura al mondo consentita dai network e dalla globalizzazione, un’apertura voluta e gestita, consapevole e controllata. La vulnerabilità è piuttosto un’atavica pratica di abuso e violazione dei patti sociali valida ieri come oggi. E di fronte a ciò, di fronte all’assolutezza della condizione rispetto al tempo, che fare per ristabilire il patto sociale infranto?

3 commenti su questo articolo:

  1. Rosanna Pirajno scrive:

    bella riflessione, profonda e interlocutoria, da persona matura che sa porsi domande piuttosto che cercare risposte, brava.

  2. brava elena, ogni volta i tuoi pezzi dimostrano la tua maturazione in corso e mi piaci sempre più!

  3. Stefano scrive:

    Straordinario!

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