donne che lo giudicano, la némesi del premier

28 febbraio 2011 di: Rossella Caleca

Tre donne giudicheranno dunque Berlusconi. Tre donne che poi sono quattro, comprendendo la Gip Di Censo che ha disposto il giudizio immediato per il premier; e qualcuno sente aleggiare la presenza di una quinta, la dea Nemesi. Credo che questa circostanza abbia in realtà un peso solo a livello simbolico, non essendo correttezza, competenza e fedeltà al proprio dovere monopolio esclusivo delle donne. La resistibile ascesa del signor B, che in tanti anni non siamo riusciti a fermare col voto, potrebbe quindi concludersi in un’aula di tribunale; ma, mentre schiere di sostenitori ad oltranza continuano a cercare di seppellire sotto valanghe di parole la realtà dei fatti, quei fatti che saranno ora valutati con gli strumenti del diritto positivo, il Cavaliere alza il tiro, cercando di accelerare i tempi della riforma giudiziaria, attaccando Consiglio Superiore della Magistratura e Corte Costituzionale; appare sempre più chiaro che il suo disprezzo per le istituzioni democratiche è sovrano, che non si fermerà davanti a niente nella sua incessante battaglia per un potere personale senza limiti.

L’indignazione e la rabbia di tanti italiani, ciò che riempie le piazze e unisce al di là di ogni divergenza, scaturisce dalla volontà di difendere qualcosa di fondamentale, che va oltre le ignobili vicende dei divertimenti del sultano: è l’affermazione di principi e valori non negoziabili, conquistati con secoli di lotte, quali l’uguaglianza di fronte alla legge, che si traducono nell’indipendenza, nell’autodeterminazione, nella capacità di costruire da sé il proprio futuro: cose che ancora oggi spesso si pagano, con la precarietà economica, sociale e, peggio, psicologica, ma che appaiono irrinunciabili a chi si considera una donna o un uomo liberi.

Al contrario, non c’è nulla di “moderno” nel sistema di potere berlusconiano né nel consenso o nell’atteggiamento “tollerante” di molti italiani; attengono invece a qualcosa di molto antico: alla credenza nell’ineluttabilità di un potere incontrollabile e quindi all’idea che se qualcuno ha il potere di cambiarti, nel bene o nel male, la vita, ti conviene ingraziartelo con ogni mezzo per strappargli quanto più puoi: è la furbizia delle schiave e degli schiavi, “servi callidi” di una commedia antica che sembrava superata da altre rappresentazioni, prodotto di un mondo dominato dalla disuguaglianza e dall’impossibilità di cambiare il proprio destino. La battaglia si estende su un fronte più vasto e profondo di quanto a prima vista appaia: e non possiamo perderla.

(Albrecht Dürer, Némesis)

1 commento su questo articolo:

  1. piera scrive:

    Questo concetto della furbizia dello schiavo è interessante, forse crea l’attenuante al popolo italiano che avendo sopportato tante dominazioni non riesce a scrollarsi da questo fardello di essere servo del potente.Brava Rossella

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