Palermo, analisi di un corteo

15 febbraio 2011 di: Marina Turco

Una volta i partiti analizzavano la piazza. Guardavano alle folle radunate in protesta per capire chi c’era e chi no. E poi via a ragionamenti, strategie, approcci e campagne elettorali. Accadeva una volta, quando la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista gestivano l’anagrafe politica degli italiani, studiavano gli elettori, li intuivano, li orientavano. E per lo più li rappresentavano allargando il grande condominio della politica italiana del dopoguerra, fino al fatidico e orwelliano 1994 (solo dieci più in là del profetico “1984”).

La narcosi di quasi venti anni di Berluscolandia, l’agenda setting (dicono i bravi sociologi) dettata dalle tv e dai giornali di quel solo padrone, il Lexotan a colori iniettato nel sistema sanguigno del Paese (ancora con la P maiuscola?), gli eccitanti azzurri distribuiti agli oligarchi, il malloppo spartito ad una marea di furbacchioni e infine la grande “casa chiusa” gestita dal dominus, sono la somma degli orrori che domenica 13 febbraio 2011 ci hanno portati in piazza. Prendere nota della data! Se andrà bene sarà stato uno spartiacque verso una nuova stagione con una spinta dal basso che fa pensare al principio di Archimede. Se andrà male, sarà stato un clamoroso errore, una cotta finita nel giro di poco, un amore lungo un soffio. Palermo. Chi era in piazza? Chi era in quel bellissimo corteo a perdita d’occhio da piazza Croci fino al Teatro Massimo? Facciamo finta di essere uno di quegli omini di partito che scrivevano tutto, analizzavano e stilavano elenchi a vantaggio dei maggiorenti. Primo: c’erano le donne, le autoconvocate, le ribelli, umiliate e incazzate. E ora un po’ organizzate. Ce n’erano tante di quella Palermo sotterranea ma battagliera e internetica, le neglette e ignorate da molta stampa, le militanti senza partito, le professioniste lontane dagli ordini professionali insulsi e inservibili, le regionali che lavorano, le bancarie che non fanno più il mestiere più fortunato d’Italia, le arrabbiatissime insegnanti, un po’ di ragazze universitarie (poche per la verità). Pochi anche i politici, defilati e a margine. Giusto così, si direbbe! A loro si consegna la piazza. Guardino pure un po’ di filmati per capire cosa ha da dire la Palermo di oggi. Guardino quelle facce, quello scorrere di gente neanche particolarmente intraprendente fra bambini, passeggini e umori siculo-domenicali. Guardino anche alle assenze. Domanda: c’erano le signore di club, di circolo, le biondo-Palermo, le imprenditrici più di nome che di fatto? C’erano voti da strappare al dominus, insomma?

Secondo: c’erano tanti uomini, davvero. Mariti, papà, quaranta-cinquantenni bellocci e brizzolati (non se ne vedevano in questa concentrazione da un bel po’), single, gente casual, con i giornali in mano. Gente che probabilmente per Berlusconi non ha mai votato. Ma c’erano, magari camuffati, i professionisti della cravatta e delle consulenze al Comune, alla Provincia, alla Regione? Se ne dubita. C’erano astensionisti da riportare all’urna? Forse.

Terzo: c’erano gli orfanelli di Leoluca Orlando, tanti assieme ai suoi vecchi compagni di quell’avventura che regalò a Palermo una stagione con la schiena dritta. C’era anche lui. Si offende se gli si dà del “Conte Ugolino”?

Quarto: non c’era, ed è del tutto certo, la Palermo popolare. Lo zoccolo duro del pacco di pasta e del buono benzina, gli “stabilizzandi”, i Pip, gli ex tutto (detenuti e co.), i drappelli dei capopopolo disposti a ogni cosa per avere un posticino nel consiglio di circoscrizione. Non c’era la dignità delle donne dello Zen, di Borgo Nuovo, dell’Albergheria e di Ciaculli. Non ci poteva essere perché quei quartieri sono in mani altrui. E la dignità non la riconoscono come valore. Non vedono e non vivono di politica, sopravvivono e vendono il voto per 30 euro come dimostrano le ultime inchieste. Hanno la tv, guardano Uomini e donne e per loro l’altro sesso è quello che vedono lì, questuante, sfavillante e senza amor proprio. Il Conte Ugolino con loro riusciva a parlare perché ci andava di persona. L’omino prenda nota.

Quinto: gli assenti giustificati erano i ragazzi, gli studenti delle scuole superiori e dell’Università. Sono giustificati perché questo autunno ci hanno dato una lezione di orgoglio, capacità di giudizio, lucidità e preparazione sulla battaglia culturale contro la riforma Gelmini. Domenica scorsa hanno riposato forse perché interrogazioni ed esami in facoltà premono dopo l’autunno caldo.

Ma l’omino di partito guardi anche a loro! Sono migliori di noi!

17 commenti su questo articolo:

  1. francesca vassallo scrive:

    Ho sfilato l’intera durata del corteo accanto a Giuseppina, Sara, Maria, donne dell’Albergheria, e a Rosi, Antonella, Tiziana, ragazzine dello stesso quartiere. Poche, lo so, potevano essere di più, ma sicuramente venute spontaneamente e convinte di voler lottare perchè qualcosa cambi, a partire da loro. Mi sento di fare questa precisazione non solo per rispetto alla loro presenza fisica alla manifestazione, ma anche per sottolineare quali difficoltà hanno dovuto incontrare allontanandosi dalle loro case la domenica, quando gli uomini sono in casa, e non solo pratiche.., come è stato per molte altre mamme di figli piccoli presenti al corteo… Ci sono luoghi nelle nostre città dove, per una donna, scegliere semplicemente di andare a manifestare per affermare la sua dignità, può significare rischiare tanto. La presenza di queste donne alla manifestazione mi ha dato più forza.

    • simona mafai scrive:

      Interessanti osservazioni. Viva le poche donne dell’Albergheria, la cui presenza però non è casuale, ma il punto di arrivo di una lunga ed articolata relazione tra donne in quel quartiere, attorno al Centro Ballarà e alla Biblioteca dei ragazzi delle Balate – promossa da alcune donne intellettualmente e socialmente impegnate da anni (non voglio fare nomi, perché non è questa la sede). Meno esaustiva la considerazione sulla poca presenza di giovani (tema su cui concentra la sua attenzione anche Letizia Battaglia, nell’”Urlo”). Che ci sia stata, proprio da parte delle classi maschili più giovani, una certa insofferenza verso le donne? Forse li infastidiva sfilare, in un certo senso, a fianco alle madri o alle sorelle? Delizioso, però, il piccolo gruppo di giovanissimi che – con coloratissimi travestimenti – ha improvvisato a piazza Massimo un vero e proprio Teatro di strada. Complimenti, come sempre, alla bella scrittura di Marina.

  2. Marina scrive:

    Francesca, onore alle donne dell’Albergheria.! Sparute, come tu dici, ma erano lì ed era giusto dirlo!

  3. Rossella scrive:

    Ciao Marina,
    c’era anche qualcuna delle biondo-palermo. C’era anche una piccola ma significativa rappresentanza dell’imprenditoria cittadina. E’ rimasta sul marciapiede in verità. Ma ha seguito il corteo. Chissà, magari solo per riferire a pranzo al circolo…
    Se non ”prenderemo” i loro voti, magari avremo procurato loro una sana ”botta r’acitu”.

    Dice il Sig. Chamas che ”nel sistema democratico, è la maggioranza che comanda”. La maggioranza a Palermo è fatta del popolino che affolla gli ipermercati e i centri commerciali. Quelli che ”manciano” sono quelli che consumano e per i quali il voto è uguale ad un buono benzina da spendere.

    Comunque. In ogni caso cento, mille, ancora un milione di volte scenderò in piazza. Magari zappingando fra Beautiful e Uomini e donne …qualche eco arriverà anche lì dove serve.

    • Marina scrive:

      Spledindi commenti, vedete che fa bene lanciare l’analisi di un corteo? Dobbiamo capire chi eravamo e perché e quanti. E soprattutto dove vogliamo andare, perché ci serve una strada: chiara magari non subito dritta, ma chiara.

  4. Ina scrive:

    MI pare che ora ogni donna dirà chi ha partecipato e chi no . quale associazione e quale no. ciò che colpisce è la coralità e la pluralità delle donne presenti che rappresentavano tutta la città e anche la provincia. Ho incontrato amiche di trapani, donne altoborghesi e donne del popolo. Donne cattoliche e atee, comuniste e di destra. L’articolo di Marina turco è interessante come sempre sono i suoi articoli, ma parliamo di un corteo che rappresentava migliaia di donne scese in piazza e di tutte le categorie e le razze. Se cominciamo a fare i distinguo pure in questo rischiamo di confonderci ancora in più brave e meno brave. Perciò dico ONORE a tutte le donne che hanno partecipato, a TUTTE nessuna esclusa .

  5. Sara e Fausta scrive:

    Io e la mia amica fausta che facciamo volontariato silenzioso per le donne sfruttate e maltrattate abbiamo sfilato con tre prostitute che conosciamo per il nostro lavoro. Loro ci hanno detto che non andrebbero mai a letto con berlusconi ma che venivano al corteo perché non approvano il suo modo di fare sia con le donne che con il governo del paese. Nessun cartello naturalmente, per noi è stato esaltante no?

  6. Noi siamo 4 donne che facciamo il mestiere ma siamo andate alla sfilata perchè siamo contro a berlusconi e non ci piace come tratta le donne perchè il lavoro che noi facciamo a casa e non nella strada è un mestiere come un’altro e lo sappiamo che siamo criticate da tutti ma nesuuno ce lo può proibire e neppure le donne della sfilata ce lo possono proibire. noi lo sappiamo che berlusconi è contro le donne perchè senò non avrebbe fatto le cose così schifose. noi alla sfilata ci siamo andate col cuore e se a voi vi dispiace a noi no. grazie a concetta che ci ha scritto queste parole dal conputer suo. abasso berlusconi.

  7. Marina Turco scrive:

    Vi fa onore esserci state, ragazze. Perché è dignitosa anche una scelta come la vostra nella misura in cui non fate finta di essere altro, difendete la vostra autodeterminazione e soprattutto il vostro è un lavoro non uno scambio mortificante per arrivare a chissà quali altri obiettivi che siano nello spettacolo o nella politica. Magari una volta vi chiedo un’intervista. Vi va?

  8. ma perché le donne o le bambine dei quartieri poveri sarebbero scese in corteo per affermare la loro dignità? di quale dignità parliamo? queste donne non hanno una dignità propria che mettono in campo giorno dopo giorno? o se la devono guadagnare affermandola in piazza? che abbiano partecipato alla manifestazione è straordinario e le ammiro per questo, così come penso che nessuno ha potuto far credere loro che sono scese in corteo per difendere la loro dignità , semmai per denunciare l’indegnità altrui, di quanti (e sono uomini) le maltrattano o le picchiano. Questa parola “dignità” non può essere utilizzata così incautamente e inopportunamente. E’ una questione da non sottovalutare- Stiamo attente amiche a non dare messaggi sostanzialmente sbagliati che rischiano di non fare individuare i veri responsabili di questa malapolitica. Lo scossone che le donne hanno dato il 13 è fortissimo ma è partito dalle donne solo perché stanche dell’inerzia degli uomini che non hanno preso iniziative nella stessa direzione ma che, paradossalmente, si sono fatti “accompagnatori” nella circostanza del 13 delle loro mogli, figlie, sorelle…. pochi sono scesi per se stessi

  9. Daniela scrive:

    Sono d’accordo con M.Concetta, le donne sono andate in piazza per dire basta ad un sistema corrotto e degradato in tutti i settori. Basta a tutto questo, in parte esistente prima di berlusconi e degenerato fino all’inverosimile con berlusconi e la sua allegra brigata di lestofanti. La maggior parte delle donne ha inteso dire basta a questa corruzione politica e del costume e chi tira in ballo la “dignità” delle donne, benestanti, ricche, povere, borghesi, rivoluzionarie, cattoliche ecc… commette un gravissimo errore politico e culturale.

  10. francesca vassallo scrive:

    Sono d’accordo! Quanti uomini e quante donne sono consapevoli che in questo momento non è in gioco la dignità femminile ma semmai quella maschile, e quanti uomini sono scesi in piazza per se stessi, e per il desiderio di essere diversi, e non invece per “accompagnare” le “loro” donne? Ma io non sottovaluterei del tutto la necessità che la dignità personale, anche quando le donne sanno di averla, richiede un continuo consolidamento e una piena consapevolezza, e poterla nominare, in occasioni come questa, non significa cercare un riconoscimento da qualcuno, ma affermarla con più forza per tutti e per tutte. Perchè è dalla dignità che si riparte sempre!

  11. Daniela scrive:

    Ma le donne non devono ripartire dalla dignità perché non l’hanno mai persa e hanno combattuto e lottato in tutte le battaglie. le donne possono mettersi in discussione in qualunque momento e per ogni cosa, ma questo è un problema tutto maschile al quale le donne possono dare il contributo di un pensiero e di uno sguardo che non avalla la cultura patriarcale, ma la combatte come sempre ha fatto. Combattere la cultura e il sistema patriarcale non vuol dire esprimere ostilità agli uomini o essere contro, ma, al contrario, invitarli a ridiscutere se stessi e la loro sessualità. Gli uomini non sono mai scesi in campo come uomini e non siamo noi donne che dobbiamo riaffermare la nostra dignità né confermarla. facciano loro un cammino autonomo come abbiamo fatto noi, si mettano in discussione, facciano autocoscienza, facciano qualunque cosa pur di rendere visibile e concreto il loro esserci finalmente in altro modo. Il gruppo di “uomini della differenza” sorto a catania ma anche altri movimenti in altre città promossi da uomini, mi fanno sperare che siano loro ad interrogarsi sulla “dignità”. Avere nominato la “dignità” in questo caso da parte delle donne è stato un errore politico e culturale. Lo ribadisco pur rispettando il tuo punto di vista.

  12. Marina Turco scrive:

    Evviva il dibattito!

  13. Rita Calabrese scrive:

    Anche se da lontano ho seguito le manifestazioni di tutta Italia, commuovendomi fino alle lacrime. Tutti i giornali tedeschi hanno portato in prima pagina le immagini “della rabbia delle donne italiane” e poi a caratteri cubitali le smorfie berlusconiane all` annuncio del rinvio a giudizio. Non mi pare l` ora di tornare per riprendere la lotta con tutte voi.

  14. francesca vassallo scrive:

    Certamente! La dignità è data ed è di tutti e di tutte. Non si può perdere. Ma può essere offesa, dimenticata, oltraggiata, ingannata…In questo senso dico che bisogna sempre ripartire da essa! Ripartire non implica la mancanza o la perdita, ma la consapevolezza e l’assunzione piena di responsabilità. Molti uomini non sanno di avere una dignità, per questo sono così restii a mettersi in discussione e a fare un cammino autonomo, per questo usano il potere e la violenza per affermarsi sulla donna. Ma è evidente che è un problema loro interrogarsi sulla propria dignità, e spero che comincino a farlo, e non solo in gruppi sparuti. Sono anche d’accordo sul fatto che la manifestazione di ieri, incentrata sulla “dignità”, ha creato confusione e, ancora una volta, assolto gli uomini, ma.. non si sarebbe mai aperto un dibattito tra donne e questo lo trovo comunque positivo. Grazie Daniela e grazie a tutte le donne e ai movimenti femminili che hanno avuto, in questa occasione, il coraggio di interrogarsi più in profondità sulle ragioni della manifestazione, nonostante le critiche di tante altre donne, senza dare per scontato nulla e senza lasciarsi travolgere superficialmente dall’ondata di protesta femminile, che si esponeva ad una facile strumentalizzazione.

  15. ornella papitto scrive:

    Cara Francesca,
    purtroppo non credo che la dignità sia come il respiro, che nasce con noi.
    La dignità me la devo conquistare ogni momento, ogni ora, ogni giorno.
    C’è sempre qualcuno o qualcuna pronta a umiliarla, ad offenderla. Ad umiliarci, ad offenderci.
    La dignità me la devo difendere e la mia difesa passa attraverso una piccola parola: “NO:”
    Non mi basta la parola “BASTA” poiché è una supplica, è una richiesta di smettere, ma l’altro o l’altra non smetterà.
    Per questo dico “NO:” E’ dalla notte del 13 che rifletto sull’importanza di impararare e dire “NO”.
    Si può imparare, si può apprendere attraverso le nostre decisioni di ogni giorno.
    Ogni donna e ogni uomo può decidere di afffermare “NO. NON CI STO”. Solo così sento di poter difendere ed affermare la mia dignità.
    Ero lì, in Via Libertà, per tutte le donne e per tutti quegli uomini che ancora non sanno dire NO.
    Con rispetto, Ornella

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