una grande intellettuale da ricordare: Simone de Beauvoir

16 aprile 2011 di: Rossella Caleca

Sono passati venticinque anni dalla morte di Simone de Beauvoir e mi sembra importante ricordarla per ciò che ha rappresentato e rappresenta per la cultura europea, e per ciò che ha dato a tutte le donne, non solo con i suoi scritti ma anche con l’impegno politico e le scelte di vita. I suoi romanzi e i suoi saggi sono stati amati da diverse generazioni di ragazze, a cui per prima ha insegnato che «donna non si nasce, si diventa», ed anche oggi non hanno finito di suscitare riflessioni e interrogativi. Per me, da giovane, leggere Il secondo sesso è stato come aprire una finestra per guardare la realtà da un altro punto di vista: il mio.

Nel corso del tempo, al pensiero di de Beauvoir, centrato sull’universalismo della ragione come via per giungere all’uguaglianza, la riflessione femminista ha contrapposto il «pensiero della differenza» che dalla specificità del femminile intende partire per ripensare la realtà, «mettere al mondo il mondo». A me sembra che vi siano aspetti nelle opere di de Beauvoir che anticipano anche l’attribuzione di valore fondante all’esperienza individuale, che quindi possono ricollegarsi a quest’ultimo percorso teorico.

Ricordo, ne Il secondo sesso, due considerazioni tratte dalle esperienze dell’autrice, che allora mi colpirono e ancora oggi possono suscitare interrogativi. La prima si riferiva al comportamento,in società, di diverse donne colte e di talento: de Beauvoir osservava che spesso tentavano di imitare, negli atteggiamenti e nella conversazione, le donne meno “intellettuali”, di darsi, cioè, un tono più leggero e frivolo, nella convinzione che gli uomini preferissero donne su cui poter tranquillamente primeggiare; ma venivano tradite dal loro sguardo… Da ragazza ero certa che simili atteggiamenti appartenessero ormai al passato, che nessuna donna fosse più disposta a rinunciare ad esprimere la propria personalità per piacere ad un uomo, per adattarsi a lui. Oggi ho qualche dubbio.

La seconda considerazione mi coinvolge più profondamente: come docente universitaria, l’autrice aveva notato che in genere le ragazze che frequentavano i suoi corsi erano più attente e preparate, più diligenti dei colleghi maschi. E tuttavia, a produrre i lavori più originali, ad essere pronti a “osare”, a “trasgredire” intellettualmente, erano gli studenti molto più che le studentesse. Mi chiedo – vi chiedo – «abbiamo ancora oggi maggiori difficoltà a “osare”»? La pratica del partire da sé ha favorito quel «pensiero divergente», fondamento della ricerca artistica e della scoperta scientifica? E se qualcosa – o tutto – è cambiato nel modo di pensare noi stesse e il mondo, per quante donne il cambiamento è reale e non solo apparente?

5 commenti su questo articolo:

  1. isabella scrive:

    Quanti ricordi con la Beauvoir i suoi mandarini hanno accompagnato la giovinezza di molte di noi così come hanno risvegliato la coscienza di tante i libri di marie cardinal, perchè non ricordare anche lei!

  2. annamaria scrive:

    Riaffrontare adesso, in questo momento storico, la figura della Beauvoir rappresenta un problema, mi chiedo, io che ho amato molto la scrittrice, se fu una donna lungimirante o una donna che non seppe guardare con lucidità il futuro ed anche il passato del nostro “secondo sesso”.

  3. Daria D'Angelo scrive:

    Proprio così Rossella, bellissimo omaggio a un’autrice sempre attuale.
    Credo che, ahimè, il bisogno maschile di primeggiare permanga, a discapito di tante donne che lottano perchè il loro valore non urti i compagni vulnerabili.
    E’ sempre arduo restare fedeli, non all’ uomo, ma a noi stesse.

  4. ornella papitto scrive:

    Cara Rossella,
    grazie le domande che ci sottoponi. Sono domande impegnative, molto impegnative.
    Seimila anni di autoritarismo maschile, tuttora sulle nostre spalle, rendono i nostri movimenti ancora molto impacciati.
    Gli uomini osano di più perché, secondo me, sanno che ci sarà sempre una donna a caricarsi di responsabilità e di lavoro.
    Loro si consentono di fare una cosa alla volta.
    Noi donne, no.
    Non è, secondo me, una questione di “coraggio” maschile, ma di “concretezza” femminile.
    Generalmente il nostro verbo è “coniugare”.
    Generalmente il loro verbo è “scaricare”.
    Noi donne, generalmente, siamo più pragmatiche e più realiste di loro.
    Ma abbiamo ancora molto, molto da fare, per poter essere anche noi libere di “osare”.
    Con rispetto,

  5. margarete durst scrive:

    mi fa piacere dopo tanti anni da quando mi sono occupata di Simone DB in corsi universitari di vario tipo sui temi educazione di genere e della differenza sessuale e filosofia dell’educazione, avendo assegnato e seguito vari tesi una di queste della Specialistica l’avevo scelta per concorrere ad un bando che ci avrebbe permesso la pubbilcazione gratuita e la messa in rete su vari siti, l’avevo rivista tutta dal punto di vista contenutistico e formale e la presetavamo a nome congiunto (io ero allora prof. oridaria in attesa di conferma e la mia laureata ) la tesi era riuscita seconda tra le tre che avrebbero ottenuto la pubblicazione gratuita ma non avevo capito che occorreva anche presentare il testo già pronto per la stampa, cioè con l’edting specifico e così non abbiamo vinto, quella studentessa la prima laureata della sua famiglia aveva un’aspirazione messima: insegnare filosofia a scuola (non all’università) frequentò la SISS e la conluse con il massimo punteggio, era l’ultimo anno della SISS e quello seguente in cui lei avrebbe dovuto cominciare a insegnare iniziò la crisi e non poteva permettersi di non guadagnare per cui affittò con un amica un garage e avviò un’attività di mediazione immobiliare ora la chiamano per alcune supllenze nelle scuole vive con un compagno e vorrebbe avere dei figli. Dopo avere letto il vostro blog, in cui mi sono immessa perchè sto ultimando un saggio sul tema donne trasgressività e violenza in cui mi occupo di violenza delle donne e ho pensato subito a Simone De Beauvoir mi è tornata la voglia di prendere in mano quel volume, la cui revisione sintattico grammaticale mi aveva snervata, e vedere se è il caso di pubblicarlo investendoci dei miei fondi pochi di un Prin, Sepro che questa imulsiva risposta non mi generi problemi di posta. MD

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