il mondo nuovo delle donne-libro

21 maggio 2011 di: Francesca Saieva

Chissà se nel 1953 Ray Bradbury, scrivendo Fahrenheit 451, si sarebbe mai aspettato che le persone-libro, personaggi del suo romanzo di fantascienza, sarebbero potute esistere realmente… Probabilmente se l’augurava, a salvaguardia di quel bene e diritto comune che è la lettura, e delle sue ‘possibilità’, in termini di pensiero e scelta.

L’associazione italiana Donne di carta, ispiratasi al “Proyecto Fahrenheit 451” dello spagnolo Antonio Rodriguez, si forma nel 2008 (la prima ‘cellula’ di persone-libro sorge ad Arezzo con Roberta Buccianti e l’aiuto dell’attuale presidente dell’associazione, Sandra Giuliani). Dal 2009 conta più di cento persone-libro (ci sono ormai cellule su quasi tutto il territorio nazionale) di diversa età e professione, impegnate nella tutela del diritto della lettura, strumento di neo-resistenza ai forti monopoli mediatici, a censura, occultamento o informazione manipolata; ultimamente hanno aderito anche degli uomini.

Le donne di carta leggono e imparano a memoria le parole dei libri (per ciascuna almeno quattro brani di uno o più capolavori scelti), le ripetono per strada, nelle piazze, nei locali (un’oralità, dunque, estemporanea che meraviglia, a volte lascia perplessi per l’originalità dei suoi possibili risvolti sociali); ovunque, le donne di carta, prestano un ‘servizio’ gratuito per il potere incondizionato della parola. Non recitano ma ‘dicono’ libri; sono impegnate in vari progetti e iniziative di convivenze socio-culturali (l’Accademia della lettura al Drugstore Gallery del quartiere Portuense a Roma, per un centro di produzione culturale aperta al e nel territorio, con il progetto Casa dell’oralità e della bibliodiversità) e nel rispetto della tradizione dell’oralità cercano di salvare un patrimonio culturale che sia soltanto punto di partenza (tenendo conto anche delle tradizioni linguistiche locali) nell’incontro con l’altro. Le donne di carta promuovono il diritto alla lettura, diritto alla consapevolezza della persona, che si forma attraverso le parole del cambiamento possibile, del “progresso materiale e immateriale della società”. E proprio in questi giorni al Salone del Libro di Torino è stata presentata (12 maggio) la Carta dei diritti della Lettura: la Carta, già presentata e riproposta in passato, era stata fra l’altro riconosciuta, con il Premio di Rappresentanza, anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Le donne di carta avanzano il passo, vogliono portare la Carta al Parlamento Europeo, promuovendo una campagna di raccolta di firme.

Se il riconoscimento dei diritti del lettore, secondo la prefazione alla Carta di Michela Murgia «non è affatto una priorità» in un momento come quello che stiamo vivendo, comunque «siamo tutti figli di una narrazione, di una storia letta», e il lettore-cittadino ha il compito nonché il dovere sociale di fare della sua voce un controcanto alla realtà svilita impostagli. Il lettore abita la narrazione, questa lo rende cittadino e migrante. Perché la lettura è soprattutto un viaggio; nell’ampliare i suoi orizzonti apre le frontiere, migliora gli scambi relazionali e culturali; la cultura nel formare le coscienze combatte l’ ‘analfabetismo’ dei nostri giorni, che non è più il semplice non saper leggere, scrivere e far di conto, ma la mortificazione del pensiero libero, plurale, apolide: la mortificazione del pensiero della complessità, purtroppo sovrastato da chiusure miopi e private. È un dovere sociale affidarsi al potere della parola, quando questo è anti-dittatoriale e anti-demagogico, espressione di una ‘forte’ idea di Democrazia, perché i libri rendono uguali, ci ricorda Bradbury in Fahrenheit 451. Parole scelte e da condividere per un unico patrimonio letterario. Nei libri c’è la storia del mondo, nella parola la forza di poterlo migliorare. Ho letto che la donna di carta più giovane ha 11 anni; che sia di buon auspicio per una parola sempre ‘giovane’ che cerca l’adeguato ascolto.

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