ricordare i lager, lo dobbiamo alla Ragione

30 maggio 2011 di: Ornella Papitto

Sono tornata da Cracovia, città “patrimonio dell’umanità”. Bellissima, spirituale, persone gentili, miti, direi eleganti. Ma andare a Cracovia significa anche trovare il coraggio, in se stessi, di affrontare il dolore che ancora accompagna i volti dei giovani polacchi che spiegano ai visitatori ciò che dal 1938 al 1945 è avvenuto dentro i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. E’ il luogo della memoria, del ricordo, luoghi dello sterminio di masse inermi. Un milione e mezzo di persone che formano una enorme massa. Che brutta parola. Persone sommate che si trasformano in massa.

Persone: donne in gravidanza, neonati, bambini, malati, handicappati, omosessuali, frati, ragazzi, giovani, adulti, vecchi e vecchie, persone inermi e indifese. Umiliate, rasate, depersonalizzate, nude davanti alle autorità vestite. Senza strumenti per difendersi. Consegnati alla morte, senza nessuna colpa. L’unica colpa era quella di essere nati in quel periodo, violento, oscuro, dove la ragione comune si è arresa davanti alla ragione di Stato. La ragione di pochi, contro la ragione di molti.

E’ doloroso pensare come si possano compiere mostruosità, così, con leggerezza, con senso perverso della bellezza contro ciò che loro consideravano bruttezza, della salute contro la malattia, della religione di Stato contro la religione privata di ciascuno di loro. Mostruosità: bambini, donne, uomini utilizzati come cavie, ma non umane, perché se considerati tali i bisturi si sarebbero fermati prima di incidere corpi inermi. Era mostruoso vedere il documentario sull’autobus che ci portava ad Auschwitz: un medico che maneggiava un neonato da sezionare, come un animale da laboratorio. Sento una profonda pietà per quel bambino. Ho disgusto per quel medico che si riteneva persona, anche di genere superiore. Superiore a cosa? Superiore a chi?

Quel medico ha perso una occasione, quella di dimostrare di essere Persona. Ciò che ci distingue dalla ferocia naturale degli animali non sono le nostre emozioni, i nostri sentimenti, ma la possibilità di agire la pietà, di agire la compassione di fronte a chi è colpito aspramente ed è indifeso davanti ai nostri occhi. L’accanimento feroce illustrato dai documenti, dai reperti e dalle foto, mostrano quel periodo in cui la ragione venne sostituita dall’odio, sentimento questo sì che ci rende simili alle bestie feroci. Nutrirsi di sangue. Nutrirsi di carne umana. Carne era quella che usciva dalle “docce” dei gas. Non Persone. Nei corridoi di Auschwitz, i visi delle donne rapate, umiliate, offese, le date di inserimento nel lager e la data di morte. Non riuscivano a sopravvivere per più di due mesi. Occhi che mi guardavano. Vite e storie interrotte con la violenza bestiale di chi si riteneva superiore.

Bisogno di vendetta? No, perché sono una persona. Non sono una bestia. Un animale in cerca di prede. Usiamo la ragione, ci contraddistingue nel regno animale. Usiamola coniugata ai sentimenti che ci contraddistinguono per umanità. I nazisti di ieri e di oggi, ben mascherati, hanno perso un’occasione unica, quella di dare spazio ai sentimenti che mettono in evidenza la parte migliore di noi, quella di aiutare chi non sta bene, di rendere la vita migliore e non peggiore alle persone che hanno meno strumenti, di rendere possibile vivere a chi ha meno possibilità di vivere o sopravvivere. Chi usa l’autoritarismo, non l’autorevolezza, per comandare sugli altri, anche ai nostri giorni, perde l’occasione o l’opportunità di essere e di sentirsi persona e non bestia. Ricordiamolo tutti i giorni, ogni momento. Non dobbiamo dimenticarlo mai. Mai.

4 commenti su questo articolo:

  1. Lucilla Blaschi scrive:

    Un articolo pieno di emozione e commozione. Anche io ho visitato quei luoghi e ho provato sentimenti simili ai tuoi. E’ stata una barbarie che non ha ragioni, la follia nazista tramessa e contagiata come un virus a coloro che eseguivano ordini spietati. Se pensiamo a quell’orrrore dovremmo, oggi, trovare il coraggio e la forza di fermare tutte le violenze, dalle guerre “umanitarie” alle guerre di altro genere che si giocano sulla vulnerabilità e sulla fragilità altrui. Mi riferisco anche alle violenze che all’interno dei contesti familiari vedono ancora donne soccombere sotto prevaricazioni di ogni genere, eppure tacere come se votarsi a quel sacrificio fosse il loro destino. Ciao Ornella.

  2. Giovanna scrive:

    Raramente mi fermo a riflettere su argomenti di questo tipo, ma leggendo il tuo articolo, cara Ornella, non posso fare a meno di esprimere il mio disgusto e la mia indignazione verso la follia nazista.Sono pienamente d’accordo con te quando affermi che bisogna “ricordare i lager perchè lo dobbiamo alla nostra Ragione” ma, chissà perchè, ripensiamo a ciò che è stato solo nel giorno della memoria, se non siamo disrtatti dai nostri impegni quotidiani. Le tue parole sono così cariche di emozioni, di sentimenti tanto forti che sembra di guardare le scene che descrivi. Che atrocità!!! Che assurdità!!! Che mostruosità!!! Bisognerebbe fermarsi un pò in silenzio, riflettere, cercare di capire perchè l’essere umano, capace di amare, per natura, si trasforma in una bestia priva di sentimenti ed emozioni. La cosa peggiore è che ancora oggi l’umanità è costretta ad assistere a guerre, violenze, soprusi, ingiustizie. Perchè???Forse perchè non si conosce il senso profondo dell’esistenza?Forse perchè non si conoscono i veri valori della vita? Forse perchè trionfa l’egoismo?potremmo avanzare diverse ipotesi, ma ci fermiamo per iniziare a sperare che domani sia diverso, migliore e che finalmente ogni singolo componente dell’umanità acquisisca la capacità di vivere, con dignità, il proprio percorso esistenziale, riconoscendo nell’altro un piacevole compagno di viaggio. Grazie Ornella per avermi dato l’opportunità di riflettere su tale argomento.

  3. ornella papitto scrive:

    Lucilla e Giovanna, grazie.
    Condividere con voi emozioni e pensieri, mi fa stare bene. Sento di dover ringraziare questo sito, perché consente di “incontrarci” anche senza conoscerci. Quanti sentimenti in comune, vero?
    A presto

  4. Rossella Caleca scrive:

    Con molto ritardo, voglio farti sapere, Ornella, che il tuo articolo mi ha emozionato. Sei riuscita a trasmettere ciò che hai provato ed insieme a fare riflettere: l’emozione accende la ragione, occorre ricordare per riaffermare giustizia e verità, per non abbassare la guardia: disumanizzare il nemico (o un’etnia creduta inferiore), considerarlo come appartenente a una specie animale, è qualcosa che è accaduto anche in seguito: l’umanità non è ancora fuori pericolo.

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