il dono della vita, da Galimberti alla chiesa e ritorno

29 giugno 2011 di: Ornella Papitto

Un po’ di tempo fa Lilli Gruber, su La7, intervistava Umberto Galimberti che si confrontava con Andrea Riccardi (professore universitario confessionale, di religione cattolica) sul concetto di “dono” e in merito alla coerenza del concetto. Galimberti affermava all’incirca che se la vita è un dono, chi lo ha ricevuto ne diventa proprietario e responsabile, quindi può decidere, in libertà, cosa farne. Chiaramente la logica confessionale cattolica non accetta tale posizione. La vita è sì un dono, ma rimane proprietà di chi ce l’ha donato. Ma allora che dono è? Secondo M. Cornaggia e E. Biagi «…il munus (dono) … non è solo un patrimonio, ma anche un atto di rinuncia», poiché per donare ad un altro devo rinunciare e privarmi io di qualcosa.

Mi chiedo: di che cosa si è privato Dio? Da attuale laica e da ex cattolica ed ex volontaria della Comunità di S. Egidio, fondata anche da Andrea Riccardi, scrivo che, per evitare di confondere le idee di milioni di persone, sarebbe più coerente che la religione cattolica affermasse che la vita non ci appartiene, ne siamo responsabili per le azioni che potranno determinare il futuro del nostro Spirito e quindi che la vita Dio ce l’ha data sì, ma solo in prestito e quindi la dobbiamo restituire! In questa affermazione, sicuramente ritenuta da molti blasfema, ritrovo una maggiore chiarezza, necessaria per la salute di milioni di fedeli nel mondo.

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