di ritorno da Siena

20 luglio 2011 di: Francesca R. Marta

E’ stata l’esperienza che non mi aspettavo. Dopo decenni di militanza femminista alcune, come me, si arrendono alla stanchezza e alla ripetitività del meccanismo che anima ogni screpolatura della superficie del consenso.
 L’incontro di Siena mi ha stupito. Per molte ragioni. Per la quantità di cose che si possono dire in tre minuti; per la volontà di esserci che ha portato tante persone dai posti più lontani e sperduti, a loro spese, fino a Siena, una delle città peggio collegate del nostro paese; per la puntualità del dibattito e per la precisione dell’organizzazione; per l’Unità e l’acqua gratis; per il punto G, per i bagni puliti, per il rifornimento continuo di acqua fresca, caffè e dolci per ristorare una partecipazione allegra e entusiasta, ma anche un po’ fiaccata dal caldo. Per il report mattutino di domenica, preciso, comprensibile, completo e sintetico.
 Tutto questo è stato parte dell’esperienza, una parte vitale. Come dire: fare le cose per bene è già fare una gran cosa. 
Il resto è stato detto. Si è parlato di molte cose giuste, importanti, preziose per il futuro dell’Italia: la maternità come impresa comune di una coppia; l’attività di cura come una responsabilità sociale e non come una condanna delle donne; la lotta al precariato, alla dequalificazione, alla vergognosa gogna delle dimissioni in bianco, la richiesta di una classe dirigente di qualità; la necessità di adottare misure-ariete, come il 50 e 50 per scardinare per sempre una cultura patriarcale e machista, fatta di circoli del tennis, di scambi di favori e di raccomandazioni a mezza bocca; e soprattutto fatta di potere trasmesso come un titolo regale da maschio a maschio della specie umana.
 Tutto questo, unito alla suggestione di una città misteriosa, dove la notte senti scalpitare i cavalli chiusi nelle stalle delle contrade, ha reso la due giorni di Siena un momento positivo e nutriente anche per le più pigre, scettiche e ciniche come me.

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