diamoci ‘na smossa, siciliani

8 luglio 2011 di: Rita Annaloro

Il tempo a Palermo scorre in modo strano. A distanza di mesi sembra ci siano le stesse cacche di cane sui marciapiedi, gli stessi cumuli di spazzatura agli angoli delle strade, le stesse crepe sui muri dei palazzi della città nuova (via Marchese di Villabianca o Via Notarbartolo), gli stessi ruderi a Piazza Leoni; sui giornali però si nota un proliferare di iniziative culturali: dibattiti, convegni, laboratori di creatività varie. Insomma, eppur si muove? Al telegiornale si apprende del blocco delle assunzioni alla Regione, i cui 20.717 dipendenti più 1.963 dirigenti costano euro 270 a ogni siciliano, si vocifera di un taglio dei contributi Fas destinati allo sviluppo, si perpetua il tragico rito dell’arrivo dei barconi a Lampedusa, mentre i totem dei quotidiani locali rassicurano che sono in arrivo 45 milioni per la Gesip, e la città sembra tranquilla, sirene a parte. Sì, un incidente ogni tanto, un altro arresto di mafiosi, insomma tutto come al solito. Tutto a posto, è la risposta preferita anche dei giovani a cui si chiede «come va?». Questo mentre sull’altra sponda del Mediterraneo infuriano le rivolte, a Parma i cittadini indignati assalgono un assessore corrotto, in Val di Susa si snodano i cortei contro la Tav.

Ma possibile che noi siciliani si accetti di tutto? Sempre, comunque inerti, passiamo il tempo a discutere quali siano le soluzioni possibili. Pure nella storia qualche sommossa l’abbiamo fatta, contro gli Angioini, contro i Borbone, contro la mafia. E allora mi chiedo: ma se non ora, quando?

(Palermo, Monumento ai caduti per mafia di Giacomo Baragli)

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