dietro la lavagna, Tremonti!

1 agosto 2011 di: Fortunata Pace

Forse da quest’ultima settimana si è ridotto il numero di quanti – noi segnalavamo – nei confronti di Giulio Tremonti dicevano I love you. Sia fra i compagni di partito o di schieramento sia fra quelli che pur d’opposizione, gli facevano l’occhietto. Torna difficile manifestare simpatia o ammirazione a chi in sintesi, quando non può sottrarsi a pubbliche dichiarazioni, dichiara: «Forse ho commesso qualche errore ma non ho bisogno di rubare agli italiani»

Avevamo espresso sorpresa e malumore già prima, per quel suo “anche” riferito al piccolo, indolore coinvolgimento dei ricchi nell’ambito della sua manovra economica che intanto travolge lavoratori, artigiani, pensionati e ceto medio, ma non abbiamo avuto tempo di riprenderci (del resto, crisi internazionale a parte, a rischio siamo davvero) che ci arriva la notizia del ministro che non ruba perché non ha bisogno! Perché, se avesse bisogno ruberebbe? E in ogni caso evidentemente ne hanno bisogno quei numerosi parlamentari che tengono infuocata la cronaca per implicazioni illecite di vario tipo, che sono esperti in corruzione, che sanno tutto di mazzette e consorterie tutt’altro che oneste? E se dobbiamo parlare di bisogno, dovrebbero rubare, oggi come oggi, tanti italiani per i quali ancora vale la legge morale e di coscienza?

No davvero, signor ministro. Ci augureremmo di non esser mai indotti in tentazione. Figuriamoci Lei che tiene in mano le nostre sorti economiche e che sempre dovrebbe apparirci credibile e di alto livello. Non ci è apparso così. Semmai ci è sembrato uno scolaretto, forse persino primo della classe, che per una volta è andato dietro la lavagna e ne è uscito per dire «Mi scuso, non lo faccio più!»

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