il mare color del vino

8 agosto 2011 di: Marcella Geraci

ll mare colore del vino diventa una triste metafora per le acque siciliane di questi mesi, increspate, nel solo 2011, da almeno 1.699 vittime da traversata. E’ un Mediterraneo di morte che getta la sua ombra pesante anche sulla North Atlantic Treaty Organization (Nato). Ma in questi giorni l’estate ha il suo picco e a gridare all’emergenza sono i media. Niente sembra infatti rompere la calma piatta che regna sotto gli ombrelloni, neanche l’ultima tragedia del mare e la sua protagonista, una carretta salpata dal porto libico di Zanzour e soccorsa dalla Guardia costiera italiana a 90 km da Lampedusa.

Qualcuno è partito dal Sudan e qualche altro dal Ciad, ma tutti hanno trascorso sei giorni in balia delle onde del mare. Chi è riuscito a salvarsi? Ancora una volta la tragedia delle traversate non consente numeri certi ed uguali per tutti. C’è però una costante sulla quale si giunge ad un accordo: in questa lotta disperata contro le forze della natura ed i mancati soccorsi sono i bambini e le donne ad avere la peggio. Per i superstiti, i corpi gettati in acqua dei morti di stenti e di sete sarebbero cento, ma l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati parla di quaranta persone. Cosa che non rende meno drammatico l’accaduto, seguito all’orrore dei venticinque migranti uccisi a bastonate o fatti soffocare nella stiva di un barcone partito da Tripoli.

Questa volta però, ci sarebbero le responsabilità della Nato, pesantissime, a rendere l’episodio ancora più grave. Una nave dell’Organizzazione, istituita dal Trattato firmato a Washington nel 1949 per difendere i paesi membri dalla minaccia comunista, avrebbe infatti potuto prestare soccorso e pare che non lo abbia fatto. I fatti sono ancora da accertare ma si può dire con certezza che è la politica dello scaricabarile a navigare nelle acque del “mare nostrum”.

2 commenti su questo articolo:

  1. ornella papitto scrive:

    Cosa è se non un profondo egoismo? Tanto loro, i naufraghi, non hanno fame, non hanno sete, perché noi non abbiamo fame né sete.
    Ieri, a proposito di giorni di vacanza a cui hanno fatto riferimento Rosanna e Silvana nell’altro articolo, ho attraversato tutto il litorale di Campofelice di Roccella. Per errore. Alle 19 di sera era ancora una bolgia. Tanta gente, ma l’aspetto che mi ha colpito di più, era l’eccesso di obesi, dai più giovani, ai più vecchi, che tentavano miseramente un equilibrio per vestirsi. Una quantità smisurata di persone iperalimentate.
    Ma come possiamo realmente credere che i naufraghi possano sentire la fame e la sete?

  2. Marcella Geraci scrive:

    Certo, obesità e mania delle diete. Solari, creme autoabbronzanti e musica a palla. Forse solo lo spettro della crisi economica riesce ad infiltrarsi, in questi giorni, sotto gli ombrelloni. Non certo i migranti.
    Secondo me però non è la condizione vissuta che impedisce alle persone di immedesimarsi con le miserie degli altri. Il problema è che manca una visione che ci porti fuori da noi stessi e che invece ci consentirebbe di capire meglio perchè la nostra iperalimentazione quotidiana si accompagna al sogno alienante delle misure da passerella.
    Ti ringrazio per il commento e penso che sarebbe bello continuare a parlarne.

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