dalla nostra agente in laguna, uno sguardo sulle donne

7 settembre 2011 di: Rita Annaloro

Se il cinema è lo specchio della società, è piuttosto deprimente vedere quale modello femminile è largamente presente nei film proposti alla Mostra del Cinema di Venezia: donne il cui desiderio prevalente è quello di essere al centro della vita dei loro uomini in Un’eté brulant o che aspirano alla libertà di soddisfare il loro masochismo in Love and Bruises, A Dangerous Method o Twilight Portrait.

Sembra quasi che la globalizzazione abbia annullato i decennali sforzi delle donne occidentali di modificare lo stereotipo della loro rappresentazione, e la macchiettistica interpretazione di Keira Knightley nella parte di una brillante paziente-allieva di Jung e Freud, ribadisce il ruolo vitale delle pulsioni sessuali in ogni rapporto. Anche il filosofo C.G.Jung che si opponeva agli schematismi di Freud sembra, alla fine del film A Dangerous Method, rientrare nella casistica “tutti pazzi per il sesso”, tema dominante di Shame.

Anche fra le prostitute intervistate nel documentario Whiore’s Glory la consapevolezza dell’istinto auto-distruttivo è forte, sia espressa verbalmente da una bellissima giovane indiana che chiede tra le lacrime se la sofferenza sia indispensabile per le donne, sia nell’atteggiamento ingenuamente cinico di una prostituta messicana che si è fatta tatuare l’immagine della Buona Morte sulle spalle.

Ma possibile che nel 2011, per un vasto strato della società, le donne debbano ancora espiare il peccato di Adamo ed Eva?

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