pillole del malessere, mancano istruzioni per l’uso

28 settembre 2011 di: Rosanna Pirajno

Oggi il parlamento salverà – giacché la casta è solidale e si autoassolve – un ministro indagato per mafia dal processo cui dovrebbe sottoporsi, se fosse cittadino qualunque e non un “rifugiato politico” nel parlamento più screditato d’Europa. E noi zitti e buoni, senza neanche un rossore. Ieri è morta la “signora degli alberi” Wangara Maathai, prima donna africana a ricevere il Premio Nobel 2004 per la pace, una vita spesa a salvare dalla deforestazione il patrimonio forestale del Kenya e far piantare milioni di nuovi alberi, da prima donna parlamentare e sottosegretario all’Ambiente del suo paese, dopo avere insegnato, da “professora” come l’appellavano con una punta di scherno, all’Università di Nairobi. Ora è tempo di riprendere il lavoro interrotto, avanti seghe e piantagioni di mais. Due giorni fa è scomparso Sergio Bonelli, “padre spirituale” del fumetto italiano, imprenditore della “carta stampata”, inarrivabile sceneggiatore di Tex il ranger tutt’altro che invincibile, protagonista “ingegnoso e intellettualmente probo” (Michele Serra) della cultura popolare italiana. Uno che aveva dato, al fumetto “popolare”, dignità di arte. Ma con l’arte, si sa, non si mangia.

L’Aquila terremotata può disporre di nuovo dei 260mila volumi della Biblioteca Tommasiana, aperta al pubblico in una sede provvisoria di una new town poco distante, che almeno così si riscatta della povertà di offerte culturali di queste nuove offerte urbanistiche.

Un rapporto dice che entro pochi anni al sud ci sarà uno “tsunami demografico”, uno su tre giovani fuggirà lontano a raggiungere i seicentomila già scappati a gambe levate, la nuova popolazione sarà costituita da vecchi, disoccupati, donne, bambini, stranieri italiani di nuova generazione. Dimenticando di contare politici mafiosi affaristi lenoni e “santi puttanieri”, ché quelli si moltiplicano come microbi nel brodo di coltura in cui sta annegando il paese.

L’Unione Europea ha deliberato che il Ponte sullo Stretto non è più “opera prioritaria” alla quale sacrificare ingenti somme ed energie. Ciò significa che, se qualche speranza c’era che “altri da noi” si accollassero l’enorme carico finanziario che l’operazione comporta, ora non c’è più e toccherà al pubblico – compresi i finti privati che attingono a fondi pubblici – mettere mano al portafoglio, da rimpolpare di continuo e per lungo tempo. Ma la Società Stretto di Messina fa finta di niente e annuncia che, entro il 2012 immancabilmente, le pratiche di esproprio dei terreni interessati alla costruzione dei piloni da 400 metri di altezza per 50 di profondità, saranno cosa fatta. Noi, questa cosa nostra, vogliamo assolutamente averla, costi quel che costi.

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