la volta buona per cambiare governo

3 ottobre 2011 di: Simona Mafai

Sul fronte politico, le ultime settimane hanno registrato molti fatti nuovi. Le cose presto cambieranno. Ma per arrivare a quali approdi?Al fango morale e al ginepraio economico entro cui si dibattono da mesi il governo e la sua estenuata maggioranza, si sono aggiunti due fatti eclatanti: l’esito della raccolta di firme, che chiedono il referendum per cambiare la legge elettorale (1.210.000), e due significative prese di posizione del mondo imprenditoriale: un “manifesto” collettivo di Confindustria, Confartigianato, Abi, Cooperative ed Assicurazioni, con una serie di proposte contro la crisi e per la crescita, diverse e alternative rispetto a quelle del governo; la pagina pubblicitaria di Diego Della Valle (avversario storico di Berlusconi) che grida al Governo «vattene». Ricordiamo che tutto questo avviene dopo lo sciopero generale nazionale della Cgil.

Sono fatti di natura e valore diversi, su cui si potrebbe a lungo disquisire; ma che hanno certamente un comune denominatore: in nome dell’interesse del paese, Berlusconi se ne deve andare. Il cambiamento non può attendere. Quali le ipotesi più ravvicinate?

Ipotesi uno: la maggioranza si sfalda (il famoso “passo indietro”) e si costituisce un governo di emergenza, che affronta la crisi economica ed elabora una nuova legge elettorale, con la quale andare a votare già la prossima primavera. Ipotesi due: il centro-destra provoca subito nuove elezioni (prima della celebrazione del referendum) arroccandosi attorno a Berlusconi, ed usufruendo ancora una volta del famoso “porcellum” (esorbitante premio di maggioranza e parlamentari scelti dai vertici dei partiti). Ipotesi tre: il centro-destra cerca di cambiare esso stesso la legge elettorale (ma ci riuscirà?), sperando di guadagnare altri mesi di vita fino a nuove elezioni, senza porcellum.

Nel frattempo, cosa farà la sinistra o centrosinistra, con o senza trattino, che dir si voglia? Le sue battaglie hanno certamente incassato più di un risultato, ma non basta. Oltre alla mitica speranza che si ritrovi un’unità da troppo tempo perduta, vi è il problema – assai ardente – di un programma politico positivo e chiaro. Un lettore de l’Unità, questa estate denunciava: «Lamentele in tutte le direzioni, soluzioni pratiche a problemi: zero». Un autorevole editorialista (Sergio Romano, sul Corriere della sera) il 2 ottobre ha scritto, rivolgendosi ai partiti dell’opposizione: «Sinora, per fare politica, bastava criticare l’avversario. D’ora in poi, con una nuova legge elettorale alle porte, occorrerà scendere dal pulpito delle denunce e delle indignazioni, per formulare proposte precise ed assumere impegni». Parole che colgono bene nel segno.

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