un pezzo di città con l’anima

29 novembre 2011 di: Rosanna Pirajno

Quanto conosciamo della città che abitiamo? Nella quale siamo nati e cresciuti e abbiamo studiato camminato amoreggiato e tutto il resto? E poi, che cosa si conosce meglio, i quartieri le strade i monumenti i negozi i mercati i locali o gli abitanti che “fanno” la città, con pensieri parole e opere? E quante città ci sono, nella città? ci avete mai pensato che se Palermo si identifica con il centro storico, che se cioè la città antica così carica di memorie rappresenta il meglio della sua forma urbis, è perché il resto cresciuto in tempi moderni è talmente sfrangiato che non ha più una “forma” riconoscibile? E i cittadini che vivono in centro, quanto hanno in comune con quelli che vivono in periferia? E centro e periferia, si connotano per posizione geometrico-geografica, di vicino-lontano, di vecchio-nuovo, di storico-interessante e astorico-marginale, o c’è dell’altro? Si che c’è, ne siamo certi anche se i nostri criteri di valutazione sono ingessati, e non sempre per colpa.

Via Oreto, per esempio, è classificabile come periferia? E quanto sappiamo di questo corso stretto e lungo, se non che è un supplizio penetrare in auto l’inverosimile intasamento di auto moto bus furgoni carrozzelle pedoni ambulanti rumori odori colori che la percorrono e stazionano per tutta la sua estensione? E se ci spostassimo a piedi? Impensabile, che ci vai a fare laggiù se non ci sono negozi attraenti, pub, gazebo, pizzerie pizzicherie cremerie e posti alla moda?

Come supponevo, chi sta a nord, con questo pezzo di città del sud non ha rapporti. Per conoscerla e rapportarsi con la sua umanità variegata e genuina non c’è che un sistema: leggere sfogliare godersi Babbaluci News, coloratissimo scintillante giornalino della Oreto Street ideato e realizzato da La Tigre di Mompracem al secolo Giovanni Basile, straordinario “artigiano” della parola e dell’immagine che ha saputo recuperare la “palermitanità” di quel, a noi ignoto, quartiere composto di persone e cose, attività, vecchi mestieri e nuove invenzioni, strade, curiosità, modi di dire e fare, personaggi. La “ticre” mette insieme, nel suo auto-costruito giornalino, foto storiche e attualità, dialetto e parlata gergale, umorismo e sfottò, informazioni utili e pubblicità, rabbia e amore, luoghi situazioni amarezze sentimenti atmosfere di un pezzo di città con l’anima. Anche cattiva talvolta, ma c’è, esiste e val la pena scoprire l’altro da noi che qualcuno ci mostra, per giunta con (dietro la fatica) divertimento.

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