parole parole parole, equità e il suo contrario

21 dicembre 2011 di: Ornella Papitto

Parlando degli argomenti manovre e provvedimenti del governo, si sente spesso la parola «equità» e io mi chiedo: forse l’equità è un concetto iniquo? Per una minoranza è così. I top manager e i banchieri ritengono che tale parola sia vuota di senso e particolarmente provocatoria, rivoluzionaria, quindi estremamente pericolosa per la salvaguardia delle loro ricchezze, accumulate si sa bene quanto non onestamente. L’equità, infatti, deve rispondere a criteri di legalità, di trasparenza, di giustizia, di onestà, di rispetto per gli altri e per le cose altrui e in quei soggetti questi “enzimi” non sono presenti, quindi non possono digerirla, come per le malattie organiche e non dipende da loro ma dagli altri che non sono fatti come loro!

Perché queste persone dovrebbero digerire l’equità? Tutte le loro azioni sono orientate a fare soldi, senza limiti, senza coscienza, senza pudore, senza dover rendere conto a nessuno, perché loro, i ricchi, dicono di essere quelli che fanno muovere i mercati decidendo dei destini delle maggioranze ed è colpa di queste ultime se si fanno utilizzare senza ribellarsi. Se qualche gruppo prova a farlo e a chiedere il riequilibrio dell’economia, lo stesso è pronto ad essere distrutto, messo all’indice come comunista, profittatore, sanguisuga, ladro, rosso per la rabbia e verde per l’invidia, quindi da eliminare. Questi giovani ribelli come si permettono di volere cambiare il corso “naturale” del mercato e delle azioni di pochi?

Ma cosa c’è di “naturale” nelle azioni economiche? Nulla. Tutto è costruzione umana, quindi fallibile e criticabile, specialmente quando i risultati delle azioni risultano economicamente sbagliate e i loro effetti negativi ricadono su masse di persone indifese ed inermi. Per i top manager lo sfruttamento non è né peccato, né reato, anzi è un dovere per loro, per quelli lì e anche quando compiono errori madornali, ugualmente continuano a ricevere somme sproporzionate e la loro retribuzione è considerata equa.

Ma chi l’ha detto che debba andare bene così? Perché all’errore, all’incapacità lavorativa, alla impreparazione tecnica, deve corrispondere un trattamento economico inversamente proporzionale? Ma in quale società stiamo vivendo? Siamo ancora disposti ad accettare tali comportamenti o è arrivato il momento di licenziarli e far pagare loro i danni arrecati alla collettività? Loro, i banchieri e i top manager, qualora dovessero navigare in cattive acque, potranno comunque essere sostenuti dai nostri servizi di welfare, servizi pronti ad accogliere oltre che le povere vittime del loro iniquo sistema, anche loro, i nuovi temibili colonialisti-colonizzatori.

2 commenti su questo articolo:

  1. rosamaria scrive:

    Giusto il concetto di equità infondo non è equo, neanche con i figli è giusto usarlo perché i figli non son tutti uguali ma ognuno diverso dall’altro, equità non significa uguaglianza.

  2. ornella papitto scrive:

    Cara Rosamaria, condivido con te che il concetto di equità contiene all’interno l’iniquità, perché, secondo me, l’equità è un concetto soggettivo e non oggettivo, demagogico e illusorio, perché contiene l’illusione e produce delusione. Solo l’altra persona, nel nostro caso i nostri figli, potranno dire se le nostre azioni saranno state eque o no, giuste o no, imparziali o no, oneste o no e quindi non possiamo essere noi a farlo.
    Per questo quando qualcuno inizia un discorso sul concetto di equità, cerco di stare ben attenta per non farmi imbrogliare.
    Grazie infinite

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