In Ungheria scrivere sotto dittatura non è anacronistico

16 gennaio 2012 di: Luthien Cangemi

L’attenzione dei mass media concentrata sulla crisi economica e finanziaria italiana e i nostri rapporti con gli Stati più forti dell’Unione hanno allontanato dalla nostra visuale il caso dell’Ungheria. Il 1 Gennaio 2012 è entrata in vigore la nuova Costituzione fortemente nazionalista ispirata ad un unico partito. Con la vittoria alle elezioni del partito di estrema destra (Fidesz) nel 2010, il paese ha iniziato una parabola discendente democratica ed economica portando il fiorino ad un -20% contro l’euro.  Dall’entrata in vigore della Costituzione è iniziato un braccio di ferro tra l’Unione europea e Vicktor Orban, Primo ministro ungherese: da Budapest è stato chiesto un prestito all’Unione europea, ma da Bruxelles è arrivato il diniego e la minaccia di tagliare i fondi già stanziati se non venga fermata la piega nazionalistica e autoritaria che ha preso il governo. Mentre i simpatizzanti di Jobbik (partito neonazista ungherese) bruciano in piazza la bandiera dell’Ue e richiedono il referendum per sganciarsi dall’Unione; la Commissione europea ha attivato tre procedure di infrazione contro il governo magiaro, iniziando dalla legge sulla Banca centrale, la legge che limita l’autonomia della Corte Costituzionale e quella sulla protezione dei dati personali. Data la piega autoritaria e nazionalista che ha preso il governo di Budapest, che lede la conformità ai Trattati europei e le norme internazionali sull’autonomia delle banche centrali, da Bruxelles potrebbe non arrivare il prestito sperato.

Il ministro degli esteri ungherese Janos Martonyi ha risposto oggi alla Commissione per contenere i provvedimenti dettati da Bruxelles. Martonyi sostiene che per l’Ungheria sia indispensabile il prestito e dal governo si è disposti a “cambiare le leggi controverse” a fronte di un accordo con Fmi (Fondo monetario internazionale) e l’Ue.

Le congiunture negative che si sono profilate negli ultimi giorni non devono far dimenticare le 30.000 persone che, il 3 gennaio scorso, sono scese nelle piazze di Budapest per manifestare contro la nuova Carta costituzionale. Nonostante i sostenitori dello pseudo regime; l’Ungheria, un Oriente nell’Occidente, dimostra di non aver del tutto dimenticato le solide fondamenta democratiche; migliaia di persone hanno sfilato e contestato le nuove Leggi costituzionali che vanno a ledere libertà sessuali, libertà civili e politiche, e la libertà di espressione. Ancora nel XXI secolo, e in qualsiasi posizione geografica, non si può scrivere sotto una dittatura.

1 commento su questo articolo:

  1. simona mafai scrive:

    Grazie Stefania, di questa chiara sintesi di una situazione che può diventare veramente pericolosa. I secoli passano, ma sembra che alcuni popoli debbano costantemente combattere contro alcune “vene” nazionaliste, razziste ed autoritarie che continuano a pulsare sotterranee, anche dopo le sconfitte epocali (sconfitta del nazifascismo) ma che riaffiorano, se non c’è una permanente vigilanza democratica. Condanniamo i governanti dell’Ungheria, solidarizziamo con i cittadini ungheresi che li contestano, e, naturalmente, teniamo alta la vigilanza anche per ciò che può avvenire (che stava forse per avvenire) in Italia.

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