un liceo che alimenta talenti

29 gennaio 2012 di: Rosanna Pirajno

Il liceo artistico intestato al massimo artista-architetto Giuseppe Damiani Almeyda non ha colpa se è insediato, come d’uso negli anni della furibonda speculazione edilizia che ha divorato ogni lembo di verde insieme alle aspettative di una città bella e vivibile, in un palazzone di residenze che si affacciano sul grigiore di un cortile che non riesce a vestirsi da atrio. Perché, quello spazio anonimo e grigio che nega ogni orizzonte urbano, impedisce a studenti che si misurano quotidianamente con l’arte, di sviluppare il senso critico che serve a valutare le ragioni di negazioni e devianze su cui la società, allora come ora, continua a tacere. Per il resto, il liceo è un centro di formazione assai vivace e propositivo, con docenti in maggior parte competenti e preparati che seguono con impegno una popolazione di 500 studenti, insieme formando una comunità aperta alla città attraverso l’allestimento di mostre tematiche che invitano a interloquire. Se non fosse per le preoccupazioni della dirigenza, in merito a paventati accorpamenti per i soliti tagli spacciati per riforma, si potrebbe affermare che la Damiani è un’ottima scuola che prepara realmente i suoi iscritti a destreggiarsi nello specifico dell’arte, con buone probabilità di specializzarsi in discipline che il mercato, italiano e straniero, assorbe con curiosità e crescente avidità.

Una dimostrazione in tal senso la offre la mostra attualmente aperta, “Grow up. Cosa farò da grande”, in cui sono visibili i traguardi raggiunti da una quindicina di diplomati che – molti andati fuori Italia e alcuni rimasti perfino in città – sono diventati, se non ricchi e famosi, di sicuro in pole position per diventarlo. Allora, c’è di che essere soddisfatti (e pure orgogliosi, come lo saranno i docenti responsabili del progetto Adelaide Alagna e Carmelo Lo Curto ) se lo sfascio generalizzato non impedisce che il talento trovi alimento anche nella città in fondo alle classifiche di tutto, e che giovani che si chiamano Andrea Buglisi, Eugenia Bramante, Roberto Calò, Luigi Citarrella, Elena Costantino, Daniele Franzella, Simone Geraci, Linda Glorioso, Giusto Lo Bocchiamo, Federico Lupo, Simone Mannino, Daniele Messineo, Andrea Selvaggio, Angela Viola, oltre la curatrice dell’allestimento Tiziana Pantaleo pure qui diplomata, abbiano trovato la loro strada in molti dei campi che l’arte permette di coltivare, aiutando la “cultura” del paese a non dissolversi per esaurimento di risorse, visto che le umane esistono anche in assenza delle finanziarie. Perfino a Palermo.

10 commenti su questo articolo:

  1. Filippo Romano scrive:

    Invito l’estensore dell’articolo e gli …. orgogliosi ….. docenti responsabili del progetto Adelaide Alagna e Carmelo Lo Curto ad un pubblico dibattito sulle …….. preoccupazioni della dirigenza, in merito a paventati accorpamenti per i soliti tagli spacciati per riforma ……. ed al processo di causa ed effetto ……. che non ci consente di …… affermare che la Damiani Almeyda è un’ottima scuola che prepara realmente i suoi iscritti a destreggiarsi nello specifico dell’arte, con buone probabilità di specializzarsi in discipline che il mercato, italiano e straniero, assorbe con curiosità e crescente avidità……

  2. MIMì scrive:

    complimenti!!siete avanti!!GRANDISSIMI!!!

  3. valeria torta scrive:

    Sono un docente del Damiani Almeyda, vorrei esprimere delle mie considerazioni sull’articolo:
    Che il liceo Damiani Almeyda sia locato in un edificio e in uno spazio circostante non idonei ad ospitare una scuola è affermazione certamente condivisibile. Tale condizione accomuna peraltro e purtroppo il nostro agli altri licei artistici palermitani e a tante scuole di ogni ordine e grado della città e della Sicilia.
    Che tale fattore logistico possa però “impedire a studenti……di sviluppare il senso critico che serve………” sembra dichiarazione assolutamente priva di fondamento logico, psicologico, sociologico, se non addirittura offensiva, certamente riduttiva, nei confronti di tutti gli studenti delle scuole “strutturalmente sfigate”, l’espressione è mia, che, privi di senso critico, sarebbero potenzialmente a rischio devianza.
    Va da sé che tutti noi operatori della scuola e gli studenti aspireremmo lavorare in una scuola bella, accogliente, magari in un palazzo architettonicamente elegante e funzionale sito nel centro storico non degradato di una città pulita, con vista su un parco.
    In assenza di tutto ciò, mi sembra però opportuno ricordare all’autrice dell’articolo che il determinismo geografico appartiene al pensiero ottocentesco, per fortuna ormai superato, e che esiste, mi si accetti il termine”,un’ ulteriorità, un’imprevedibilità del soggetto che è anche la sua, la nostra, libertà.
    A ciò si aggiunga, a titolo di exeplum, la grande lezione proveniente dai lirici greci che hanno cercato la bellezza e la verità anche là dove apparentemente il loro sigillo sembra lontanissimo. E come non ricordare che il dio Ermes crea la lira, lo strumento più armonioso, dal carapace di una tartaruga (considerata nell’antichità l’animale più vicino ai demoni dell’inferno pagano: tartaruga ha in sé la radice della parola Tartaro)? Ciò significa che la bellezza va cercata anche negli abissi più tetri.
    E che dire di Leopardi, la cui creatività non conosce ostacoli, anzi se ne alimenta, e della conclusione de ” Le città invisibili” di Calvino? E così via.
    Chiedo ancora all’autrice dell’art. quale approfondita frequentazione del nostro liceo, che a me non risulta, possa consentirle di scrivere, a proposito del corpo insegnante del Damiani, le seguenti parole:” con docenti in maggior parte
    competenti e preparati”. E gli altri, la restante minor parte di docenti sarebbe costituita di incompetenti e impreparati?
    Potrei sapere chi, a parere dell’autrice, quali i nomi degli appartenenti alla fascia docente A e a quella B?
    E, ancora, secondo quali strategie valutative (prove d’ingresso, interviste, brain storming, telecamere del Grande Fratello nascoste nelle aule, giornalisti delle Iene travestiti da studenti o altro) sia possibile formulare tale sentenza?
    Infine vorrei un chiarimento su quel periodo ipotetico che sugella la I parte dell’art. e che oserei definire, chiedo licenza ai De Mauro e ai Sabbatini, una sorta di “anacoluto del pensiero e della logica”.
    Secondo quale consequenzialità logico-sintattica, secondo quale rapporto causa-effetto, la preoccupazione della dirigenza “sui paventati accorpamenti…” condizionerebbe negativamente l’ottima qualità del liceo Almeyda?
    Mi permetto di precisare, per dovere di correttezza e per rispetto di chi nella scuola continua a credere, nonostante i vènti contrari, che eventualmente la preoccupazione sarebbe da estendere a tutta la comunità scolastica, non solo dell’Almeyda, ma di Palermo e della Sicilia. Credo,infatti, che la questione degli accorpamenti, che nelle scuole elementari e medie è già una realtà, sia un fatto grave che dovrebbe non suscitare ironia e comunque essere discusso
    all’interno delle sedi opportune, fra professionisti che siano a conoscenza delle problematiche specifiche.
    Sicuramente non dovrebbe essere banalizzata all’interno della recensione di una bella mostra di giovani talenti che guarda caso non sono dei deviati, anzi continuano a portare alto il nome della loro ex e della nostra scuola nonostante qualcuno tenti di remare contro.
    Tanto mi sembrava doveroso scrivere. Valeria Torta

  4. rosanna pirajno scrive:

    cara professoressa Torta, con un pizzico di umorismo in più la sua lettura del mio pezzetto sulla mostra al Damiani le avrebbe risparmiato l’arrabbiatura che invece le ha procurato. Mi dispiace che una buona intenzione sia stata vivisezionata al punto da risolversi in una – addirittura – offesa, ma vede i miei studi sulla psicologia dell’ambiente e i miei anni di insegnamento universitario a ragazzi cresciuti nella città già trasformata dalla speculazione, hanno confermato la teoria dell’interazione uomo-ambiente e del processo di adattamento come reazione al disturbo psicologico che ne potrebbe derivare, se prevalesse il rifiuto di un inaccettabile “disvalore”. La devianza non verrà certo dal brutto edificio della scuola, dove appunto “la maggior parte di docenti bravi” (qui mi scuso per la parzialità gratuita, ma mi sono tenuta al riparo da critiche opposte, che difatti “lampeggiano” nel precedente commento) si è data da fare per formare artisti di valore, ma resto convinta – nonostante la sua accusa di “determinismo geografico” – con Vittorini prima ancora che con Levy Strauss, che l’ambiente fisico (oltre quello sociale) contribuisca notevolmente a formare l’individuo e se non si hanno strumenti per valutare la qualità, si subisce passivamente anche senza necessariamente “deviare”.
    E questo è quanto è avvenuto in questa città, dove si accetta come naturale che le scuole siano insediate in (brutti) edifici per abitazioni e ci si inalbera se qualcuno lo fa notare. Cara professoressa, credo proprio che la sua passione di docente le abbia fatto sbagliare bersaglio.

  5. Elena Masi scrive:

    Non mi interessa commentare l’incoerente riferimento alle “preoccupazioni della dirigenza“ che ha sollevato l’interesse su un post che sarebbe passato inosservato, bensì, nell’attuale situazione, affermare che “…il mercato, italiano e straniero, assorbe con curiosità e crescente avidità” vuol dire non avere neanche una vaga idea del sistema reale dell’arte contemporanea.
    Gestire il negozio di famiglia e fare l’artista nel tempo libero, oppure emigrare a Milano per qualche supplenza è tutt’altro che essere “in pole position” per diventare “ricchi e famosi” nel campo dell’arte.
    Diciamo c’è stato un ecceso di entusiamo e ottimismo, mentre l’ironia, se c’era, non si coglie.
    Nessun artista, che avesse la possibilità di vivere esclusivamente del proprio lavoro, gradirebbe stare nella scuola, mi riferisco al livello dell’obbligo fino alla secondaria superiore, diverso è il caso delle Accademie e Università. Risparmiamoci la retorica della missione dell’insegnamento, è una gran comodità atteggiarsi a sedicenti artisti con lo stipendio statale mensile assicurato, senza necessità di un reale confronto con il sistema del mercato, con, di tanto in tanto, qualche mostra auto-organizzata in qualche spazio più o meno alternativo, per alimentare le proprie velleità non potendo illudere gli allievi più di tanto, rientrando nelle spese nel migliore dei casi e col buon pretesto per usufruire di qualche giorno di congedo.
    La mostra organizzata dal Liceo Damiani rappresenta una graziosa e simpatica iniziativa e tutto dovrebbe essere ricondotto entro questi limiti, poiché non può regge l’enfasi delle responsabilità delle quale si sta caricando e la polemica che sto contribuendo ad alimentare.
    Dall’età anagrafica degli ex allievi proposti in mostra risulta che intersecano circa vent’anni di attività scolastica è pertanto evidente la disparità percentuale rispetto al numero di alunni che negli stessi anni sono transitati da quelle aule.
    La spocchia di qualche ex allievo che ha ritenuto di darsi un tono prezioso rifiutando l’invito rientra nel “DESTREGGIARSI nello specifico dell’arte“, ma “un’ottima scuola che prepara realmente i suoi iscritti“ si misura dalle professionalità “in maggior parte competenti e preparati“ non dal numero degli artisti “ricchi e famosi”, il cui successo è sempre dipeso da fattori imprevedibili.
    Probabilmente nulla di questo era nelle intenzioni degli organizzatori, di certo non è alla portata delle gradevoli, ma deboli, opere proposte che, tranne un paio di apprezzabili eccezioni, risultano scolastiche (neanche accademiche, come si sarebbe detto una volta); probabilmente c’è in giro anche di meglio, ma ho sempre ritenuto inutile recriminare su chi manca e chi è di troppo anche in rassegne ben più importanti.
    Quanto ad innalzare barricate, come fa Valeria Torta, a tutela dell’assoluta professionalità di tutti gli insegnati, anche di una ipotizzabile esigua minoranza, come se solo questa categoria fosse immune da assenteismo, disimpegno, disillusione e piccole o gradi inadeguatezze non giova, anzi non conviene poiché in qualunque contesto scolastico sarebbe fin troppo facile fare “i nomi degli appartenenti alla fascia docente A e a quella B”
    È evidente come la mancata disponibilità di spazi e attrezzature adeguate possa condizionare la didattica soprattutto dell’arte. È inutile auto-flaggellarsi, ma affinché tutto ciò non resti uno sterile scambio di “commenti“ sarebbe veramente interessante realizzare il “pubblico dibattito“ al quale invita Filippo Romano, non per rinfacciarsi accuse, ma per una discussione sulla didattica dell’arte oggi, in quanto, come è “auspicato“ nelle linee guida dei nuovi licei artistici, rientra tra gli “obiettivi specifici di apprendimento“ “…che lo studente… conosca i principi essenziali che regolano il sistema della committenza e del mercato”.

  6. Fabio Marabello scrive:

    Mi sembra di cattivo gusto, davvero, affermare (con l’ aggravante della pubblicazione) che nel nostro Liceo ci siano dei “docenti in maggior parte competenti e preparati”. Non so….. forse ho letto male! Com’ è possibile pubblicare un articolo su una scuola di cui non si ha conoscenza alcuna? O forse, sono io che non so che la giornalista conosce la scuola? Se invece non la conosce, su quali elementi ha affermato questo? Sarà anche vero, come del resto esistono certamente impiegati di serie A ed impiegati di serie B, personale ATA di serie A e personale ATA di serie B, casalinghe di serie A e casalinghe di serie B, e via all’infinito. Ma rimango, purtuttavia, veramente senza parole. Ed io a quale categoria appartengo? Alla categoria dei docenti preparati e competenti o a quella dei docenti impreparati ed incompetenti? Mah……….
    Per ciò che riguarda la mostra, invece, io l’ho apprezzata: dovrebbero essercene tante di più in un anno scolastico. E’ questa, semmai, la critica che potrebbe essere rivolta, ma in modo pertinente questa volta, alla classe docente del Liceo Artistico Damiani Almeyda! Questa osservazione io possa farla perchè insegno in questo Istituto da tre anni ed ho conoscenza ed elementi sufficienti che possono giustificare tale affermazione, pur sempre rimanendo essa un’ espressione ricavata dal mio personalissimo e fallibilissimo vertice di osservazione, un vertice, però, di chi ha vissuto, un pò, la scuola! In questi tre anni ho visto davvero poco! Ho visto poco in materia di progetti, iniziative, idee, attività per i nostri alunni. Questo mio intervento vuole comunque essere propositivo e non polemico o critico nei confronti dei colleghi. C’è sempre tempo per “fare”. Ci vogliono le idee.
    Volevo dire qualcosa anche sul mercato dell’arte ma ……….. ehm…….. beh……… non ho più tempo, devo scappare!
    Prof. Fabio Marabello, Insegnante di Materie Umanistiche, Artista Concettuale, Psicologo

  7. Elena Masi scrive:

    Non ricordo esattamente la battuta di Nanni Moretti che, più o meno, urlava così: «Ma come parli? Le parole sono importanti». Parafrasata per l’”Insegnate di Materie Umanistiche, Artista Concettuale, Psicologo” Prof. Fabio Marabello suonerebbe: «Ma come scrivi? Le parole sono importanti». Egregio Professore-Artista-Psicologo ma cosa sono quei “…ehm… beh… non ho tempo, devo scappare…”. E chi la trattiene? Ma per scrivere il suo commento avrebbe fatto meglio a prendersi più tempo non solo per illuminarci con le sue considerazione sul mercato dell’arte, ma soprattutto per meditare meglio sulla forma e la sostanza di quel poco che ha scritto, sembra infatti che lei si meravigli che i “competenti e preparati” non siano in minoranza.
    Come lei stesso riconosce diversi livelli di competenza sono individuabili in qualunque categoria, pertanto perché gli insegnati (o solo gli insegnati del Liceo Damiani) dovrebbero costituire l’eccezione? Anche se ritengo non occorresse alcun chiarimento è già stato precisato il senso della “parzialità”, ciascuno faccia la propria autocritica e s’iscriva alla “Serie” che preferisce.
    Si da per scontato che chi ha scritto non conosca la vostra scuola, quali misteriose particolarità la renderebbero incomprensibile e/o sconosciuta?
    Quale è il minimo di anni di servizio necessari per poter esprimere una critica?
    È lei stesso ad affermare dal suo “vertice di osservazione” (a proposito stia attento alla posizione basta un niente… e il “fallibilissimo vertice”…) “In questi tre anni ho visto davvero poco! Ho visto poco in materia di progetti, iniziative, idee, attività per i nostri alunni.” Immagino già la riconoscenza dei suoi colleghi e posso chiederle, con le sue vaste ed eclettiche competenze, quanti “progetti”, quali straordinarie “idee e attività” ha proposto che le sono stati bocciati?

  8. Fabio Marabello scrive:

    Non ho detto che il Liceo Artistico Damiani Almeyda costituirebbe un’eccezione, anche nel Liceo in cui insegno purtroppo ci sono insegnanti preparati e competenti ed insegnanti meno preparati e meno competenti. E’ normale che sia così. Sarebbe sciocco affermare che tutti gli insegnanti sono preparati e competenti allo stesso modo. Ma questo stato di fatto non da a nessuno il diritto di sputare sentenze. Io sto parlando di un diverso livello di competenze, non sto alludendo affatto ad una mancanza di competenza da parte di nessuno. Mentre mi sembra che la giornalista abbia voluto fare riferimento ad un gruppo che ha le competenze e ad un gruppo che non le avrebbe. La preparazione è un processo: non si nasce professori di serie A o professori di serie B, ci si diventa. C’è sempre tempo di migliorare. Io , critico come sono verso me stesso, mi considero un Docente che deve ancora crescere, ma tanto, e ho tanta voglia di farlo ma, al contempo, mi permetta, sono fiero di quello che ho fatto fino ad adesso, E NON VOGLIO CHE CI SIA QUALCUNO CHE MI COLLOCHI IN NESSUNA CATEGORIA, anche la più bella che ci sia. E’ il giudizio che è di cattivo gusto. Le ricordo, se posso (lo accetti, la prego!) che ognuno di noi sta in mezzo, c’è sempre qualcuno che è peggiore di noi e qualcuno che è migliore, qualcuno che sta sotto e qualcuno che sta sopra, qualcuno che ne sa più di noi e qualcuno che ne sa meno, dunque, qualcuno che è più preparato e competente di noi e qualcuno che è meno preparato e meno competente di noi…… ma c’è tempo per migliorare. Non condivido i ragionamenti per categorie, anzi li detesto, a meno che non si spieghino.
    Per ciò che riguarda il mercato dell’arte, francamente non ho alcuna delucidazione da farle. Gli “ehm” e gli “beh” volevano alludere ironicamente al non volerne parlare affatto, e il “devo scappare” era un chiaro (ma forse solo per me, sigh!) “voglio scappare dal mercato dell’arte”, essendoci entrato da poco e avendo già più o meno compreso che esso è una grande giungla di serpenti velenosissimi e coccodrilli con “scagghiuna”. A Palermo quelli bravi sono davvero in via di estinzione, se ci si sposta su, le cose serie, forse, si vedono un pò di più. Ma comunque questo è un momentaccio per il mercato dell’arte, in generale, ad eccezione chiaramente dei grandi nomi che continuano a fare strada. Infine, scrivere “Insegnante di Materie Umanistiche, Artista Concettuale, Psicologo” è un modo, il mio modo, per descrivermi (ma solo quando scrivo!) con la sola intenzione di dare all’altro la possibilità di farsi un’idea della persona con cui sta intrattenendosi. E’ una presentazione, niente di più, e non vela alcuna presunzione di alcun genere.
    Per quanto riguarda i miei colleghi sono delle persone splendide da cui in questi tre anni ho imparato molto e non è un modo di dire. Con molti di essi ho lavorato bene e continuo a farlo, con altri non c’è stata alcuna opportunità, ma ci sarà senz’altro, molti altri non li conosco ma avro’ il tempo per farlo……… e poi, non c’è mai fine al meglio!
    Non conosco la Signora Elena Masi ma la ringrazio davvero per avermi dato l’opportunità di spiegarmi.
    Beh………ehm…………..adesso non ho più tempo, ma stavolta davvero, devo eclissarmi!
    Fabio Marabello

  9. Carlo Schifani scrive:

    Ho letto l’articolo. Riflette forse un po’ la mentalità involontariamente sotuttistica sentenziante e sentenziosa tipica del cattedratico? ( ad esempio, dove pone me l’autrice, pur non conoscendomi, tra i preparati o gli impreparati? Oppure mi considera – e in questo caso concorderei – ” in maggior parte preparato”, nel senso in cui, per quanto, poco o tanto, io abbia studiato, non posso essere un’arca di scienza ? ). Il sottofondo statistico-piacione che colgo in quel ” in maggior parte preparati “( non privo di echi razzistici, sicuramente involontari, nel caso di una scuola meridionale) mi ha il sapore di prodotto confezionato per soddisfare i gusti non raffinatissimi di un certo pubblico ” di sinistra ” che ha assecondato spensieratamente, per anni, la solfa sugli insegnati-ignoranti-meridionali, incentivata ( involontariamente, è certo! ) dal concorsonaro nero Berlinguer; l’inconsapevolezza, da parte di tanti sinis-tristi, che questo ripetitivo e snobistico sciame di banalità tossiche ( non vedo perchè, ad esempio, ancora oggi, un artista non possa formarsi in un umido sottoscala, in una periferia degradata, in una trincea, in un campo di prigionia, in un manicomio, al confino – tutti luoghi, Gramsci ce lo prova, dove è possibile metter su una scuola – come tante volte è successo in passato ) contribuiva alla grandefratellizzazione della società e della cultura dell’ultimo ventennio, è un fatto triste e forse un po’ sinistro . In merito alle “devianze”, dalle quali la Chiarissima, Purissima, Levissima Prof. Pirajno sembra lodevolmente intenzionata a salvare la nostra gioventù, quanto e più dell’onorevole Giovanardi, invitandoci ad essere, dato il nostro esorbitante numero, un vero e proprio Esercito della Salvezza, occorre ribadire che molti affermatissimi geni e talenti che affollano le storie dell’arte furono, sono e saranno, malgrado i loro casti e sobri insegnati ed i luoghi ameni nei quali si formarono, alcoolisti, depressi, maniaci, suicidi, drogati, ludodipendenti, senzadiopatriaefamiglia, nel migliore dei casi dediti alla donna alla taverna ed al dado ( la parole non sono mie )? Che molti, per trarne ispirazione, addirittura SI ANDARONO A CERCARE COL LANTERNINO ESPERIENZE ESTREME E AMBIENTI DEGRADATI NEI QUALI VIVERE, cosa che del resto fecero anche altri sconsiderati, tipo Gesù Cristo ( prostitute, ladroni, pubblicani… ), San Francesco ( lebbrosi addirittura! E qui mi fermo per carità di Patria ), che il lodevole tentativo di salvare gli artisti da se stessi, ne ha spesso causato la morte? Eh sì! La vita scolastica non è un’arcadica passeggiata in campagna, tantomeno nella città ideale – legittimo sogno d’ogni architetto – dove sorgono scuole di marmo, d’alabastro e d’onice e dove i Presidi ( “dirigenti scolastici” che sudano e si sbracciano e” se li pungi sanguinano anche loro” nel tentativo tenere assieme i cocci di un vaso che ALTRI hanno rotto ) flautano armoniose, alte parole di incoraggiamento e talvolta ( raramente, per fortuna ) saggi rimproveri a quei pochi, pochissimi insegnanti ( meridionali? ) che stonano nell’angelico coro. Al contrario è una lotta di uomini imperfetti a pochi centimetri dal fango della strada, dove l’erba che si trova non è quella che brucano placidi agnellini, quel fango della strada dal quale, secondo Budda, nasce il fiore del loto.

  10. Rosanna Pirajno scrive:

    mah, di fronte a certi deliri si resta senza parole…

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