liberalizzare gli avvocati, così non va

4 febbraio 2012 di: Angela Falcone

Il Governo Monti sta cercando di risanare il debito pubblico ridando credibilità all’Italia. Intento pregevole e meritevole. Le manovre, destinate a ridurre il debito pubblico, a ridurre gli sprechi, a sostenere lo sviluppo economico, però, hanno introdotto norme che, di fatto, intaccano il libero esercizio dell’attività dell’avvocato. Farmacisti, notai, tassisti e avvocati interessati. Nessuna differenza, pare, tra le categorie nominate: gli avvocati non esercitano a numero chiuso su confini territoriali prefissati per numero di utenti, non comprano licenze, non hanno orari, né insegne. L’avvocato esercita, in forma associata o individuale, dopo aver conseguito la laurea, svolto il periodo di pratica legale e superato l’esame di Stato e sotto l’osservanza del suo comportamento da parte degli Ordini Professionali, per la tutela dei diritti dei cittadini e per l’osservanza delle leggi.

Nessuna limitazione all’accesso della professione se non quella prevista dalla legge. Nessun ostacolo se non il conseguimento del titolo di avvocato. Liberalizzazione? Bene. Gli Avvocati sono già liberalizzati. Non costituiscono una casta. Non sono a numero chiuso. Il mercato forense italiano è il più liberalizzato e aperto d’Europa: gli avvocati italiani costituiscono un quarto degli avvocati dei Paesi dell’Unione europea, quelli ammessi al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori sono 46.000; gli studenti delle Facoltà di Giurisprudenza sono i più numerosi d’Europa. Quale “liberalizzazione” dunque? Il mercato è saturo e i giovani avvocati vivono di stenti. Giusto. Non sarebbe opportuno il numero chiuso degli iscritti alla Facoltà? Niente di tutto questo.

Uno scarno art.9, per ciò che qui a noi interessa, in un decreto-legge, contenente “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita’”. Sono abrogate le tariffe forensi. Il professionista, se richiesto, deve fornire al cliente un preventivo in forma scritta con la previsione della complessità dell’incarico. Se non ottempera, il comportamento è rilevante in sede disciplinare. Le liquidazioni giudiziali e degli altri incarichi, verranno effettuate sulla scorta di un decreto che il Ministro di Giustizia dovrà – quando vorrà-, emettere. Il tirocinio potrà essere svolto già durante il corso di laurea. Seguono altre norme. Questa la liberalizzazione? L’abrogazione della tariffa legale e la riduzione del tirocinio?

Non credo ai miei occhi. Dove sono i giuristi? Dove i rappresentanti della categoria? Liberalizzazione degli avvocati ridotta a questo? Quale criterio uniforme a tutela del cittadino, per ritenere congruo il compenso richiesto dall’avvocato? Nulla di rilevante. Nulla. Solo un’operazione di chirurgia. Solo un’abrogazione. Un’aberrazione. Giusto abrogare le tariffe se il cittadino ha un parametro di riferimento per comprendere la congruità della richiesta del compenso. Giusto e doveroso fornire al cliente un’ipotesi di spesa e concordarla. Inattuabile la previsione di un preventivo certo, senza riferimenti a parametri uguali per tutti i clienti e per il medesimo tipo di attività erogata. E ora? Aspettiamo di sapere cosa ne sarà dell’Avvocatura.

«Alla fine di un giorno ozioso, in cui nessun cliente era venuto a bussare alla sua porta, l’avvocato uscì dal suo studio fregandosi le mani con aria felice, e disse: buona giornata, nessuno è venuto a chiedermi di anticipargli le spese» (P. Calamandrei)

11 commenti su questo articolo:

  1. gambusi scrive:

    … “intaccano il libero esercizio dell’attività dell’avvocato”… Ho pagato un avvocato con 500,000 euro e non ricevuto nessuna ricevuta. E un altro avvocato ha voluto essere pagato: una metà con assegno e una metà in contanti.
    Devo sempre essere io a pagare le tasse per tutti quei furboni che non le pagano? A me le tasse me le prendono direttamente dalla busta paga e non mi chiede niente nessuno.
    Prendetevela con i vostri colleghi poco “legali”. Non saremmo mai arrivati a tanto sfacelo.

  2. elvira scrive:

    il mio avvocato… appena procuratore legale, per di più figlio di amici di famiglia, ha chiesto in contanti €1500 per un parere che mi poteva dare anche un’amministratore di condominio e quando ho detto che non avevo contanti ha risposto aspetterò, e siccome lo facevo aspettare troppo è venuto a prenderseli a casa la madre! Questi sono le persone con cui deve scontrarsi la finanza e con qualunque liberalizzazione saranno sempre evasori.

  3. Simona Mafai scrive:

    I due precedenti commenti dimostrano come è complessa la situazione che il Governo Monti vuole affrontare con le cosiddette “liberalizzazioni”. Per l’avvocatura, così come per altre svariate questioni. Mi fa piacere che il nostro sito registri opinioni contrastanti: è un arioso segno di libertà, di cui possiamo andare fiere. In Italia si sta intraprendendo un percorso di cambiamento, ma esso è irto di rovi e di fili spinati. Credo che sia meglio tentare di spianarlo (ascoltando lealmente le obiezioni e verificandone la validità, sempre nell’orizzonte di un bene comune e non di categoria) piuttosto che lasciare le cose come stanno, in un soffocante status quo.

  4. Franco Mario Compagno scrive:

    ma o sono cretino io o non ho capito in cosa consista la liberalizzazione degli avvocati? nel togliere il tariffario? ma è ridicolo. la verità è che gli stessi poteri forti, legati all’alta finanza, che con la speculazione hanno fatto i buchi al paese, adesso ci stanno facendo ripagare quello che si sono fregati. Io sono un economista posso afferamre che questa poitica economica ci costerà diversi punti di pil, che il mercato interno è al collasso e che il paese si regge sullle esportazioni, ma per quanto ancora?

  5. monica cascio scrive:

    ho una semplice laurea in giurisprudenza, vedo nella liberalizzazione una soluzione, non l’unica ma, davanti ad un avvocato che pretende, anche il cliente ora può pretendere!

  6. gambusi scrive:

    Brava Minica, sono troppi i giovani laureati in giurisprudenza che sono stritolati dalle pretese dei loro avvocati, per i quali lavorano gratis. Largo ai giovani e buona fortuna

  7. gambusi scrive:

    Monica, ti chiedo scusa: ho scritto male il tuo nome. Starò un po’ più attenta, la prossima volta. Ancora scusa

  8. ermanno scrive:

    Complimenti Collega.
    Una sintesi lucida ed appassionata in un momento in cui bisogna prendere comunque posizione.
    E per fortuna direi, è finitop il tempo dei plaid caldi e del rincoglionimento mediatico:adesso ognino di noi ha il dovere di assaltare il suo pezzo di cielo.
    Brava

  9. Giacomo Cacciatore scrive:

    Pur non avversando le liberarizzazioni proposte dal governo Monti, comprendo le ragioni, ben esposte, dell’avv. Falcone. Soprattutto per quanto riguarda l’istituzione del numero chiuso all’università.

  10. Angela Falcone scrive:

    Grazie a tutti per i commenti e per il tempo speso a leggere. Non volevo scrivere un pezzo noioso e prolisso per spiegare nelle sue varie sfaccettature la manovra sulle liberalizzazioni ed il motivo per il quale penso, e non da sola, che possa non essere considerata appropriata per la “liberalizzazione” della professione dell’avvocato e, addirittura, possa “intaccarla”, e come, di fatto, la “intacchi” Mi rendo anche conto che un’odiosa prassi ha reso “antipatica” la figura dell’avvocato, ma a me piace ricordare Cicerone e non qualche altro avvocato.
    Le critiche all’art.9 provengono da voci autorevoli. Il Consiglio Nazionale Forense, per esempio, ha alzato la voce contro questo decreto e non soltanto per una sterile salvaguardia di un esercizio della professione ancorato a schemi rigidi e antiquati.
    L’articolo in questione è stato redatto con evidente fretta e soltanto la fretta può spiegarne le lacune. Cerco di spiegare e chiedo scusa se mi dilungo. Esso non individua alcun termine per l’emanazione del decreto ministeriale contenenti i “parametri” ai quali gli organi giurisdizionali dovranno attenersi per la liquidazione del compenso dei professionisti; non contiene indicazioni sui principi cui il ministero dovrà attenersi nell’elaborazione dei suddetti “parametri”; sono evidenti e fondati i dubbi sulla costituzionalità della norma emanata; non è stato prevista una disciplina transitoria applicabile fino all’emanazione del decreto ministeriale; mancano i criteri per stabilire quale possa essere, oggi, il valore economico della prestazione dell’avvocato. In sostanza, la critica all’articolo 9 si riduce alla manifestata avversione del legislatore con riguardo alle tariffe forensi che, qui voglio ricordare, erano legalmente valide ed efficaci ed approvate con un Decreto Ministeriale dell’8 aprile 2004, n. 127. La previsione del preventivo, per quanto norma ideologicamente corretta e condivisibile, pone problemi di applicazione non indifferente. La misura dekl compenso, infatti, deve essere “resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta”, “deve essere adeguata all’importanza dell’opera, e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi”. Anche per il preventivo, quindi, nascono dubbi interpretativi. Il preventivo non può che essere provvisorio e variabile in relazione alle vicende del rapporto. Al preventivo, quindi, dovrà seguire un consuntivo? Se è così, come potrà essere, a priori, considerato il compenso adeguato all’importanza dell’opera?
    Il Giudice sarà chiamato a controllare l’adeguatezza del compenso pattuito? E che valore avranno, dunque, gli accordi tra professionisti e clienti?
    Il Presidente del CCBE (Ordini Forensi europei), un’organizzazione rappresentativa di circa 1 milione di avvocati europei, costituita dagli Ordini forensi di 31 paesi, membri a pieno titolo, e di 11 paesi col ruolo di Associati e Osservatori, ha scritto al Presidente Monti una lettera nella quale dichiara: “Il CCBE ha difficoltà a capire il legame che i governi, ivi compreso quello italiano, sembrano voler creare tra la professione di avvocato e la crisi economica nei rispettivi paesi. Gli avvocati, infatti, sono colpiti da misure che si inseriscono nel contesto di più ampie riforme finanziarie ed economiche, sebbene non siano responsabili della situazione economica del loro paese e del debito pubblico. Inoltre, molte delle riforme che interessano la professione – comprese quelle recentemente approvate in Italia – sono basate su un approccio puramente economico che, da un lato, non tiene conto del ruolo degli avvocati nella società e nell’amministrazione della giustizia – che è essenziale in ogni società democratica – e, dall’altro, non è accompagnato da un’analisi approfondita dell’impatto potenziale di tali riforme sull’amministrazione della giustizia.” Forse adesso è più comprensibile il mio pensiero. Grazie.

  11. gambusi scrive:

    Nel 1975 lavoravo, come segretaria, presso uno studio associato di avvocati. Uno dei primi 10 nel mondo. La relazione tra avvocato e cliente era basato sulla CHIAREZZA. Ogni azione compiuta dall’avvocato e da me, semplice segretaria, e da tutti gli altri soggetti che fornivano una prestazione, veniva semplicemente trascritta sulla nota spese: in modo CHIARO e INDUBITABILE. Ogni azione aveva un suo costo. Il cliente poteva controllare tutto e chiedere conto di ogni dubbio che lo poteva assalire. Tutto alla luce del sole. Si chiamava TIME SHEET, ossia FOGLIO DEL TEMPO. Non ho mai, in un anno di lavoro, assistito ad un reclamo da parte del cliente.
    E’ così difficile seguire tale modello, risalente al lontano 1975? Va da sé che gli avvocati emettevano la fattura, quindi pagavano tutte le tasse, inoltre ero anche REGOLARMENTE ASSUNTA!

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