Siria, massacro senza fine

24 febbraio 2012 di: Giusi Catalfamo

Le notizie arrivano frammentate, quasi clandestine, ma grande è la carneficina, si parla di circa seimila morti e di un numero imprecisato di feriti, tremila o forse più persone risultano scomparse, ma i numeri sono soggetti ad un tragico aggiornamento. Prontamente arrivato, purtroppo, con la notizia della morte di due reporter, la giornalista americana Marie Colvin  e il fotoreporter francese Remi Ochlik, nel corso del bombardamento di un palazzo, si dice ordinato appositamente per uccidere tutti i giornalisti che osano raccontare i massacri.

Difficile risalire al perché questa carneficina sia iniziata, forse la matrice è religiosa: solita guerra tra sunniti e sciiti. Ma a noi importa solidarizzare con il sacrosanto diritto di un popolo a rivendicare riforme per la libertà e i diritti, e quello siriano è un popolo che si oppone con forza al regime autocratico e antidemocratico di Bashar al-Assad. La comunità internazionale è molto cauta e risoluzioni diplomatiche chiedono la fine del massacro e le dimissioni del tiranno, ma si scontrano contro il veto di Russia e Cina, preoccupati dal fatto che «un intervento di potenze esterne può scatenare un vespaio di sangue e instabilità nella regione», e quindi si cercano soluzioni alternative a un possibile intervento militare che renderebbe tutto più drammatico e imprevedibile. E intanto, ammonimenti, condanne e risoluzioni, emesse da vari Paesi, Europa compresa, non sembra abbiano sconvolto più di tanto il regime di Bashar al-Assad che continua i suoi massacri contro i civili e a bombardare Homs, città martire, simbolo della rivoluzione siriana. Inutilmente si levano gli appelli, l’ultimo proviene dalla Turchia, che chiede si apra almeno un corridoio umanitario per la popolazione di Homs in cui già scarseggiano viveri e medicine. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato a stragrande maggioranza, (ben 37 paesi contro 12 contrari), la risoluzione di condanna del governo siriano, e il sostegno al piano arabo che chiede un cambiamento di regime. Per Ban Kimoon sono stati commessi crimini contro l’umanità: quartieri bombardati, ospedali usati come centri per torture, bambini (si parla di almeno 400), incarcerati e vittime di abusi. Ma in tutto questo, osserviamo sconcertati il disinteresse del popolo occidentale. Certo, la Siria, collocata all’interno di uno scacchiere tra Egitto, Libano, Israele, Palestina, Iran, è una realtà da maneggiare con cura, ma sono convinta che, forse, una maggiore solidarietà da parte di tutti noi, contribuirebbe a far cadere il tiranno. Il ministro degli Esteri francese sta lavorando con il suo omologo russo per un compromesso accettabile: «la fine dei massacri» e «l’invio di aiuti umanitari». E intanto si fa sempre più insistente la voce secondo cui tra gli oppositori ci siano infiltrazioni di Al Qaeda. Sono solo voci, ma le stesse cose sono state dette per Egitto e Libia e certo i contesti sono diversi. Non chiediamo l’ennesimo intervento militare, (e per fortuna l’America non ha intenzione di farlo), le cui conseguenze potrebbero essere devastanti, ma soluzioni diplomatiche che servano a invertire la rotta e questa rotta deve essere individuata, se no, mi viene da chiedere, a che serve la cosiddetta solidarietà internazionale? Certo le mie considerazioni forse sono troppo generiche, ma mi sembrava assurdo che il nostro giornale non parlasse di una realtà così tormentata e tragica.

1 commento su questo articolo:

  1. ornella papitto scrive:

    Giusi, ha colpito anche me l’indifferenza dell’Europa e dell’Italia, troppo occupata a risolvere problematiche economiche interne. Mi sconvolge la naturalezza con la quale i tele-giornali danno notizie di massacri di civili, di bambini e di efferatezze compiute su persone che chiedono la libertà. Che ci fanno i russi e i cinesi dentro la Siria? Apriamo i nostri occhi, perché in Europa siamo a rischio e facciamo qualsiasi qualcosa pur di impedire massacri e offese che minacciano la vita e la dignità di quei poveri esseri umani.

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