non lasciamole sole

5 marzo 2012 di: Gisella Modica

Mezzocielo insieme a Biblioteca delle Donne e Centro di Consulenza Legale Udi Palermo, aderisce all’appello lanciato dal Quotidiano della Calabria, per voce del suo direttore Matteo Cosenza, di dedicare l’8 Marzo a tre donne cresciute in famiglie mafiose che hanno trovato la forza di denunciare componenti dello stesso nucleo familiare, dicendo no alla subordinazione e alla complicità e collaborando con i giudici. Sono Giuseppina Pesce, figlia di una delle più potenti famiglie mafiose di Gioia Tauro, che con le sue dichiarazioni ha fatto arrestare la madre e la sorella; Maria Concetta Cacciola, “suicidata” dalla famiglia a seguito della sua collaborazione con la magistratura; Lea Garofalo, assassinata e sciolta nell’acido per ordine del marito che era stato denunciato. Quanto importante sia il loro gesto che mina al contempo l’identità dei maschi della famiglia, e l’autorità della ‘ndrangheta – forma ed espressione del potere patriarcale quanto lo è mafia e camorra – lo dimostra la violenta reazione degli uomini che non possono più contare sul tradizionale silenzio o sulla collaborazione delle donne di famiglia. Il prezzo pagato da queste donne è alto, ma lo è altrettanto il guadagno di libertà e di consapevolezza di sé che queste donne trasmettono alle loro figlie. A cominciare da Desirè, la figlia di Lea Garofalo, costituitasi parte civile contro il padre. Come Desirè altre ragazze, Annamaria Molè, e Roberta Bellocco, studentesse liceali, e figlie di mafiosi, hanno preso le distanze dalle famiglie, rivendicando la possibilità di una vita più libera.

Perché queste donne lo fanno, si domanda Franca Fortunato, giornalista, sulle pagine del Quotidiano della Calabria. Non tanto per desiderio di legalità, come viene interpretato da più parti il loro gesto. Né come forma di resistenza civile. «Nessuna di loro rinnega la famiglia da cui proviene. Lo fa per amore di sé e delle proprie figlie/gli. Un gesto di libertà che fa paura agli uomini, soprattutto se mafiosi. Non sono dunque delle eroine, non sono donne eccezionali, ma donne comuni che cercano libertà per sé e per i figli. E come tali non vanno lasciate sole, né isolate dalle tante donne che si ribellano ogni giorno alla violenza sui loro corpi». Non possiamo che condividere questa lettura. Il dossier del numero di maggio di Mezzocielo sarà dedicato a questi temi affinché, partendo dall’origine differente di questi gesti di rottura, si possa riprendere una riflessione sulla lotta alla mafia.

1 commento su questo articolo:

  1. gambusi scrive:

    Non so se siano donne comuni. A me sembrano troppo sole, a viversi una situazione unica, esperienza che non possono condividere con altre persone. Anche in questo sito, sono rimaste sole. A me sembrano migliori, coraggiose, forti, dignitose, intelligenti, caparbie, determinate, ribelli. Non hanno nulla da condividere con le donne con quali sono imparentate. Queste giovani devono essere, per noi donne comuni, i nostri modelli. Grazie a Giuseppina, Maria Concetta, Lea e le loro figlie che ci spiegano l’amore, quello che per essere affermato, mette a rischio la propria vita.

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