scatti mai fatti

13 aprile 2012 di: Clara Margani

Fino al 6 maggio sarà possibile visitare a Roma, a Palazzo Incontro, la mostra: “Henri Cartier-Bresson Immagini e parole”, organizzata da Contrasto, Magnum Photo e Fondation Cartier-Bresson in collaborazione con Civita. Del grande maestro della fotografia in bianco e nero sono esposte quarantaquattro fotografie, accompagnate dalle parole di intellettuali, scrittori, critici, fotografi o semplici amici, a cui è stato chiesto dai curatori di scegliere e commentare ognuno la propria immagine preferita. Il visitatore ha la possibilità di ammirare foto eccezionali entrate ormai nell’immaginario collettivo, che testimoniano del grande amore che aveva Cartier-Bresson per ciò che gli accadeva intorno e la sua capacità di fermare sulla pellicola il fluire della vita di tutti i giorni e le azioni degli esseri umani con cui entrava in contatto. Non gli era sempre stato possibile fotografare quello che vedeva e per questo motivo una volta aveva affermato che le sue migliori fotografie erano quelle che non aveva fatto con la macchina fotografica, ma soltanto con i suoi occhi. Questi scatti mai fatti e il rimpianto di non averli potuti fare o l’impossibilità di farli, mi hanno fatto ricordare quelli che anch’io non ho fatto ma che ho immagazzinato nella retina e lì archiviati.

Una donna con i capelli rosa che cammina con uno specchio in mano, il vestito rutilante di una ragazza rom, l’uomo che offre la mano per la discesa alla moglie, la donna che al finestrino di un’automobile si tira su la pelle del viso e si tappa le orecchie mentre il marito urla, il venditore fradicio di pioggia con tanti ombrelli sul braccio, la bambina che balla nella sala d’attesa di un ospedale, un uomo che piange e una donna che gli tiene la mano sulla spalla, una decorazione natalizia che penzola a Pasqua, un bellissimo giovane uomo con una lunga cicatrice sulla faccia, due suore che ridono a crepapelle, un cagnolino nero sotto i fiocchi di neve, le prime rughe sul viso della mia migliore amica, una scarpa sfuggita al piede di un ferito sull’asfalto, una persona alla fermata dell’autobus che non si capisce se sia un uomo o una donna, un piccolissimo vigile che fischia come un gigante, un principe indiano che porta dignitosamente un vassoio di cornetti farciti dietro il banco di un bar, il colpo di fulmine tra l’autista dell’autobus e una passeggera, un uomo e una donna seduti da soli a due tavolini contigui, la casa vuota dei miei genitori.

5 commenti su questo articolo:

  1. Rita Annaloro scrive:

    Ci vorrebbero tanti Cartier- Bresson al giorno d’oggi per raccontare quello che viviamo, invece i fotografi spesso si appassionano agli aspetti più drammatici della vita, che per fortuna è varia e imprevedibile.

    • Clara Margani scrive:

      Sono d’accordo con te. Io credo che la varietà e l’imprevedibilità della vita, che il nostro occhio può percepire e fermare per un attimo, ci possono forse salvare dalla sua drammaticità.

  2. gemma scrive:

    Colgo una grande nostalgia nelle tue parole. Nostalgia di attimi che restano impressi nella nostra mente e che non possono tornare a riproporsi perché il tempo scorre inesorabilmente e continua a proporci nuove situazioni, nuove immagini, nuove rappresentazioni concrete, affettive, ideali. Siamo obbligati a osservare ciò che ci sta intorno fisicamente ma la nostra straordinaria mente può, contemporaneamente, immaginare e fantasticare, sognare, attingere alla fonte inesauribile dei nostri ricordi….

  3. Silvia scrive:

    La fotografia ha la magica possibilità di fermare un istante breve quanto un battito di ciglia. Traduce sulla pellicola soprattutto le emozioni che l’autore di quello scatto ha colto in quel preciso momento, unico ed irripetibile per restituirlo a tutti noi che ne possiamo godere. Considero la fotografia una vera e propria arte, che non riprende la realtà, ma la interpreta. Lo scorrere dei ricordi, le immagini che la nostra sola memoria riesce ad evocare sono poi fonte inesauribile di tutti…gli scatti non fatti. Molto vero questo articolo.

  4. maria scrive:

    Ognuno vede quello che vuol vedere

    Guardare e vedere……una sostanziale differenza.Presuppone la curiosità di selezionare quel che accade intorno a te.
    Fotografare con gli occhi è percepire i gesti,i significati insignificanti di quella piccola -grande umanità che non farà mai parte di alcun sondaggio

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