Gli infedeli: non si gioca con gli stereotipi senza il coraggio di andare fino in fondo.

12 maggio 2012 di: Elena Ciofalo

Michel Hazanavicus e Jean Dujardin si affrettano a cogliere il successo di “The Artist”, da loro rispettivamente diretto e interpretato, con un altro film, stavolta alludendo alla commedia italiana a episodi. Il risultato di quest’operazione commerciale è “Gli infedeli”, un film a otto episodi su storie di infedeltà maschile nella borghesia della Francia moderna, diretto da sei registi e una regista francesi: Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtes, Jean Dujardin, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau, Gilles Lellouche.

Senza soffermarsi troppo sui singoli episodi, la visione del mondo proposta dalla pellicola francese è, non troppo celatamente, falsata e stereotipata.

Le donne? O giovani vogliose e disponibili o isteriche e apatiche mogli frigide.

Gli uomini? Ricchi e fascinosi signori di mezza età, goliardici e arrapati.

I rapporti di coppia? Le donne isteriche a casa con i bambini, gli uomini a caccia di bombe sexy.

La società sullo sfondo di questa che dovrebbe essere una commedia parodistica della tipica famiglia borghese occidentale? Manco a dirlo, stereotipata. I protagonisti sono ricchi e girano per strada in Suv e cabriolet. Della crisi economica ce ne viene dispensato solamente un accenno “pro forma” in una battuta del fitto dialogo tra i due uomini durante il “Prologo”, il primo episodio: “Le metto più corna dalla crisi economica, sarà la povertà?”.

Nel complesso si tratta di un film superficiale, sessista e cristallizzato in stereotipi. Niente moralismi o condanne etiche, queste caratteristiche vanno anche bene in un film d’evasione. O meglio, andrebbero bene, se solo il film fosse onesto fino in fondo, puntando schiettamente su toni smaliziati e provocatori e dissacrando temi controversi come il ruolo della donna o la condizione della famiglia borghese moderna. Infatti, se la struttura episodica ricorda quella de “I Nuovi mostri”, diretto dai maestri Risi, Monicelli e Scola, la timida satira de “Gli infedeli” non ricorda certamente quella caustica e sfacciata della storica pellicola della commedia italiana. Nella pellicola francese il politically correct fa capolino di tanto in tanto per non fare indispettire nessuno: ed è così che in alcuni episodi figurano mogli mature e comprensive, o psicologhe sui generis che aiutano gli uomini a guarire dalla malattia dell’infedeltà.

“Gli infedeli” è dunque una pellicola stilisticamente confusa, che, se proprio volesse giocare sulla goliardia maschile zeppa di luoghi comuni, lo dovrebbe fare fino in fondo, senza cercare di salvare capra e cavoli inserendo tra i vari episodi qualche donna che tiene alta la bandiera di genere senza accorgersi che in realtà è un altro panno sporco da lavare (o meglio, che lei dovrà lavare) in famiglia.

2 commenti su questo articolo:

  1. Rosanna Pirajno scrive:

    sarà una vendetta, o una autodifesa, dei registi maschi contro i tanti film in cui le figure femminili primeggiano e quelle maschili appaiono, bene che vada, meschine? bel commento, eleonora!

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