mezzocielo vola a Roma, tra donne contro la mafia

24 maggio 2012 di: Gisella Modica

“Contro la Mafia perché donne” è il titolo dell’ultimo numero di Mezzocielo cartaceo: perché Mafia-Camorra-‘Ndrangheta, “le Mafie diventate Sistema” sono cambiate e vogliamo capire di più questi cambiamenti e le sue ricadute. Perché donne? perché di conseguenza sono cambiate le donne di mafia-camorra-‘ndrangheta. Vogliamo capire se le nuove storie delle donne di mafia possono aiutarci a rivedere i metodi di lotta al sistema mafioso patriarcale. Ma non solo. Perché parlando di donne salta subito agli occhi la specularità tra universo mafioso e società legale o contro. Senza soffermarsi sulla questione se si tratti di emancipazione o involuzione, quello che ci interessa è che in entrambi gli universi, sia esso mafioso o legale, le donne non raggiungono le alte sfere perché ritenute inaffidabili o inadatte al ruolo in quanto “incapaci di identificazione completa al sistema”. Perché non rinunciano alla soggettività. Ma c’è un altro aspetto importante rispetto alla specularità: donne di mafia e donne contro non si sottraggono al controllo sul loro corpo e sulla sessualità da parte maschile; né si sottraggono alla violenza sanguinaria quando la donna decide di rompere con l’ordine di appartenenza per riappropriarsi della propria libertà. Sia che si tratti del boss mafioso, sia si tratti dell’ex compagno.

Qui entrano in scena le testimoni e collaboratrici di giustizia. Le donne estranee, o per mentalità o perché non coinvolte direttamente in fatti delittuosi al sistema mafioso. Lea Garofalo (assassinata), Maria Concetta Cacciola (suicidata), Tina Buccafusca (suicidata), Giuseppina Pesce, Rosa Ferrero, per nominare alcune. “Donne che danno il cattivo esempio” secondo i boss. “Figure di confine” le definisce Dino. “Luminose costruttrici di libertà” secondo Simona Mafai. Non vogliamo mitizzarle. Sono importanti come elemento di comprensione perché ci fanno da specchio: fanno vedere in tutta la sua evidenza cosa si scatena nel Sistema (legale e non) quando una donna si sottrae al ruolo di “trasmettitrice del pensiero del padre che le vuole mute e prive di desideri” (Dino). Le loro storie dunque ci appartengono. Gli uomini reagiscono alla sottrazione in modo anche sanguinario. Non reagiscono alla stessa maniera, anzi promuovono le donne che chiedono di essere aggiunte nel loro ordine: le donne sono state accolte dentro la mafia, soprattutto dentro la camorra, anche in posti di potere. Significherà qualcosa? Significherà qualcosa che nella camorra non ci sono collaboratrici? Cosa significa e cosa succede a sottrarre fedeltà e complicità al Sistema. Non solo in termini economici.

Perché lo fanno? Per senso di legalità? No. Lo fanno per amore verso se stesse e verso i propri figli/e. La conquista non è il numero degli arrestati, ma la crepa che si apre nel Sistema. Il guadagno di consapevolezza nei confronti delle figlie, dice Fortunato (vedi il caso della figlia di Lea Garofalo, Denise che si costituisce parte civile contro il padre). Donne e uomini non si pentono allo stesso modo. Un uomo, dice Furnari, lo fa per convenienza, per ottenere qualcosa in cambio, avere attutita la pena. Nelle donna, anche se lo fa per convenienza, sono implicati fattori soggettivi, è implicato il vissuto. Vale per tutte la storia di Carmela Iuculano: “Una storia paradigmatica che si pone fuori dal tempo perché dentro qualsiasi tempo”(Dino). La decisione di collaborare che non prescinde dal suo vissuto, dall’amore per i figli, ma soprattutto la possibilità di ritrovare quella parte di sé che fino a quel momento non è riuscita ad esprimere. Nella sua trasformazione vuole portare tutta se stessa, senza rinnegare nulla del passato.

Le riflessioni sul nostro agire oggi contro la mafia sono molte, a partire da queste considerazioni. Ma sono considerazione sentite da molte donne anche in città dove la mafia non è radicata: un esempio è il fatto che le amiche compagne della casa internazionale delle donne, Annamaria Crispino, Giuliana Misserville, Bia Sarasini, presenteranno questo numero di Mezzocielo dal titolo “contro la mafia” insieme a me, a Roma giovedì sette giugno.

9 commenti su questo articolo:

  1. Roberta scrive:

    mi colpisce questo articolo soprattutto x l’aspetto che ho trascritto sotto. sono convinta che finchè le donne non sapranno sottrarsi al controllo sul loro corpo e sulla sessualità , da parte maschile, saranno soccombenti.
    il “vero potere” che gli uomini esercitano sulle donne, tenendole in pugno e ricattandole, passa da lì. Chi riesce a sottrarsi, a cambiare il protocollo e le regole, non soccombe e, se non viene uccisa o ricattata prima, vince la più grande battaglia di libertà e civiltà.

    “…donne che non si sottraggono al controllo sul loro corpo e sulla sessualità da parte maschile…”

  2. agnese scrive:

    Evviva a Mezzocielo che vola a Roma, sono una sua ammiratrice e lo presenterei, se fosse possibile, in ogni città.

  3. Maria Grazia scrive:

    Sono d’accordo con il commento di roberta e con l’articolo. E’ la sessulaità e il controllo sul corpo che da maggiore potere agli uomini, infatti quando la sessualità viene loro negata e le donne riescono a sottrarsi al controllo, l’uomo scatena una serie di ricatti e violenze psicologiche verso la donna.

  4. ornella papitto scrive:

    Nell’ottocento c’erano i briganti. Nel novecento e nel duemila? Nessun sentimento di italianità, ma un forte regionalismo. La prassi della violenza fisica. L’arricchimento sfrenato. Il controllo assoluto sulla propria famiglia e sulle famiglie. Padroni della vita altrui. Cosa è cambiato dall’ottocento? La forza di qualche donna che non vuole più sottostare a quelle regole assolutiste. Sono le donne che generano il cambiamento, per questo molti uomini le temono e le distruggono.

  5. Adriana scrive:

    Un numero speciale questo di mezzocielo, la voglia e la forza delle donne, anche nel sistema mafia, che hanno provato e provano a cambiare le regole pagando certamente per amore dei propri cari e per la libertà. Sará presentato a Roma il 7 giugno, ma raggiungerá le lettrici di Milano, Torino, Firenze,Napoli, Catanzaro ed altre cittá.

  6. doriana scrive:

    ciao, vi segnalo un punto di partenza (di qualche anno fa) di renate siebert che mi ha molto colpito rispetto a cosa può condurre le donne a diventare testimoni o collaboratrici di giustizia e che mi sembra davvero il nodo cruciale di tutto. http://suddegenere.wordpress.com/2012/05/23/contro-la-ndrangheta-a-far-la-differenza/

    • gisella modica scrive:

      grazie doriana del tuo suggerimento. le storie delle donne tstimoni e collaboratrici mi sembrano importanti perchè ci fanno da specchio per “ri-cominciare” a riflettere su modalità altre di lotta alla mafia Perchè le mafie sono cambiate e devono cambiare le nostre modalità di approccio. Almeno così la penso. per questo all’ultima presentazione del giornale il materiale su cui riflettere dopo gli interventi era tanto e a volte contraddittorio che si è lancata la proposta di un gruppo di lavoro. Chi vuole partecipare è la benvenuta.

      • doriana scrive:

        Grazie a te, Gisella. Il gruppo di lavoro è un’ottima idea e sicuramente il dossier delle compagne di daSud, ed il vostro, possono essere degli importanti punti di partenza. mi dispiace molto di non poter essere presente prossimamente a Roma, e quindi spero di leggere al più presto un vostro resoconto. A presto

  7. [...] sul web, fra i tanti una considerazione mi è saltata agli occhi e di questo ringrazio l’autrice, Gisella Modica, che articola un rapporto interessante tra  universo mafioso e società legale e sottolinea che [...]

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