attentato di Brindisi: la violenza che cresce in silenzio

22 giugno 2012 di: Rossella Caleca

Sull’attentato alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi, che ha provocato la morte di una ragazza e gravi lesioni ad altre quattro, non c’è ancora chiarezza. E’ stata ipotizzata l’esistenza di complici, circostanza negata dall’autore del crimine, che nella sua confessione ha ribadito di essere stato il solo ideatore ed esecutore; l’esistenza di complicità cambierebbe il quadro, conducendo, forse, ad una rappresaglia, una vendetta organizzata con obiettivi precisi. Qualcosa di “spiegabile”, anche se non “comprensibile”: perché è insopportabile, credo per chiunque, forse ancor più per gli inquirenti, l’assurda vaghezza delle motivazioni, l’inconsistenza del movente di un gesto così atroce.

“Ce l’avevo con il mondo intero”, “ho fatto un gesto dimostrativo” e l’incredibile “ho sbagliato, che volete fare?” sono frasi che vengono da un altro mondo. Un mondo umano eppure separato, scisso dai mondi degli altri, di ciascuno e di tutti; non nessuna ragione, ma un’altra ragione: capace di generare lucide e letali concatenazioni di gesti, di cause ed effetti, partendo da un grumo oscuro e alieno. Distillato, forse, da un’ossessione cresciuta da ripetuti fallimenti, lievitata nel silenzio come un’onda montante di marea, nella disattenzione o sottovalutazione: i parenti, gli amici che, “dopo”, dicono «chi avrebbe mai pensato», «non mi sarei mai aspettato che arrivasse a questo»…

Ci sono disturbi che non disturbano, o disturbano poco, che rientrano nell’alveo di una vita apparentemente ”normale”, che sollevano solo, talvolta, lievi inquietudini, subito scacciate, dal protagonista e da chi gli sta accanto, dalla paura di apparire “diverso”, dalla vergogna di chiedere aiuto. Chissà se questo è accaduto all’attentatore di Brindisi, se a questo è dovuta l’angoscia che ci prende davanti alla banalità, alla leggerezza (apparente) delle sue parole. Ma molte volte abbiamo visto esplodere nella violenza pulsioni distruttive disconosciute, sedimentate nel tempo dietro forzate “normalità”.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement