Bildungsroman sex-emozionale: Racconti erotici per ragazze sole o male accompagnate, di Slavina

23 luglio 2012 di: Marianna Marino

Slavina nasce come Silvia Corti a Roma, 35 anni fa. Nei suoi vagabondaggi prova vari mestieri, dai più ordinari e precari alla doppiatrice di film porno, incrocia le teorie queer di Beatriz Preciado e si ferma a Barcellona per avviare quello che definisce il “progetto più ambizioso” – un figlio. La raccolta di Racconti erotici per ragazze sole o male accompagnate (più la seconda che la prima, a dire il vero), pubblicata qualche mese fa dalla casa editrice Giulio Perrone, rispecchia l’itinerario “formativo” di Slavina, che si rispecchia nell’alter ego Selma, voce narrante e protagonista di tutte le narrazioni. Selma ci appare inizialmente come ragazzina curiosa e non molto esperta, ma a ogni incontro acquisisce una consapevolezza fisica ed emotiva che le permette di esplorare, amplificare la sessualità – sia dal punto di vista femminile che da quello maschile, come evidenziano Dildotettonica per principianti (alla base del cortometraggio premiato al Sicilia Queer Filmfest 2012) e Barricata, dove l’amplesso improvviso con un fascinoso attivista No Tav offre la seguente riflessione: “Mentre ti accarezzo la schiena cerco di convincerti che il culo è un laboratorio di pratiche democratiche. Tu mi dici che ho un bellissimo sedere. Non ci troviamo nemmeno sui termini, per stavolta è meglio lasciar stare” (p. 75). L’ironia è la stessa, leggiadra ed efficace, del blog da cui comunica periodicamente l’autrice: parlando di sesso, di impegno, di vita, di “chi si crede di essere” (http://malapecora.noblogs.org/).

Lo sguardo disincantato mentre saltella da un letto all’altro, da un corpo all’altro è privo di logiche cumulativo-capitalistiche, pare piuttosto pervaso da una certa dépense batailliana (seppur rivista con toni più luminosi e allegri). Darsi e accogliere l’Altro, che si tratti di sconosciuti/e reali, a distanza di connessione internet o confusi in una dark room, perché il sesso “è un linguaggio che si impara e nel suo continuo apprendistato valgono quasi allo stesso modo le belle avventure e quelle brutte. Quindi, anche se può sembrare paradossale, mi sento di dover ringraziare anche le persone che mi hanno – volontariamente o involontariamente – fatto del male, facendomi sentire strana, inadeguata, stupida, brutta, non all’altezza, anormale” (p. 105). Bisogna ringraziare anche queste persone, sì, perché ci fanno sentire quello che non siamo e non vogliamo essere, ma che possiamo diventare. In fondo, anche quella di Slavina è un’operetta (per rispettarne la levità) morale.

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