elogio delle donne siriane

29 agosto 2015 di: Silvana Fernandez

Da anni faccio parte dell’associazione UNHCR (agenzia Onu per i rifugiati) che mi dà la possibilità di fare un piccolo atto di solidarietà, anzi piccolissimo aiutando quel popolo di emigranti che a causa delle guerre, o per  varie questioni razziali, è stato costretto a lasciare il proprio paese e trasferirsi in luoghi diversi. Il loro grazie consiste nel racconto dettagliato che mi manda l’associazione per descrivermi la vita delle persone a cui io dimostro la mia solidarietà. Ho conosciuto da casa mia, seduta su un comodo divano, tutte le scomodità, i sacrifici che affrontano donne come me o più giovani ma anche tanto più vecchie, ecco perché al momento di scrivere questo articolo ho deciso di non usare le mie parole ma di fare un collage delle notizie inviatemi, e delle testimonianze avute da alcune donne siriane intervistate che, secondo l’UNHCR, sono quelle che stanno peggio ma hanno una gran forza morale che tiene in piedi nei loro cuori la patria lontana.

L’otto giugno, un rapporto reso pubblico conta più di 145.000 famiglie siriane rifugiate in Egitto, Libano, Iraq e Giordania – corrispondenti a un quarto di tutte le unità familiari – che hanno per capofamiglia una donna che deve affrontare da sola la lotta per la sopravvivenza. Con 2,8 milioni di rifugiati fuori confine e milioni di altri sfollati interni, la Siria è diventata la più grande area di crisi in tutto il mondo per quanto riguarda le migrazioni forzate. Dall’inizio del 2014 più di 100.000 rifugiati siriani sono stati registrati ogni mese nei paesi vicini, e si prevede che il numero totale raggiunga quota 3,6 milioni entro la fine dell’anno.

António Guterres, alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha dichiarato: «Per centinaia di migliaia di donne la fuga dalla loro patria in rovina è stato solo il primo passo di un cammino di difficoltà senza fine. Hanno finito i soldi, affrontano quotidianamente minacce alla loro sicurezza e vengono trattate come reiette anche se non hanno commesso nessun altro crimine che perdere i loro uomini in una guerra feroce. È vergognoso. Vengono umiliate per il fatto di aver perso tutto».

Angelina Jolie, inviata speciale dell’UNHCR, ha dichiarato: «Le donne rifugiate siriane sono il collante che tiene insieme una società spezzata. La loro forza è straordinaria, ma stanno lottando da sole. Le loro voci si levano invocando aiuto e protezione e non possono essere ignorate. Per queste donne la vita in esilio ha significato diventare il principale sostegno in termini economici e di cura, dovendo badare a se stesse e alle loro famiglie, lontane dalle loro comunità e dalle fonti tradizionali di sostegno».

Alcune testimonianze dirette:

- Nuha: «Ero venuta al Cairo con mio marito, ma lui è stato ucciso mentre era al lavoro. Io non voglio uscire di casa perché ho la tristezza nel cuore, abbiamo lasciato la morte in Siria solo per scoprire che ci aspettava qui in Egitto».

- Molte donne si sono lamentate di subire regolarmente molestie verbali, da parte di tassisti, autisti di autobus, affittacamere e fornitori di servizi, così come da altri uomini nei negozi, al mercato, sui mezzi pubblici e anche nei luoghi in cui avviene la distribuzione degli aiuti.

- Diala, che vive ad Alessandria. «Una donna sola in Egitto è una preda per tutti gli uomini».

- Zahwa, in Giordania, dice di essere stata molestata anche da rifugiati quando stava prendendo i buoni pasto.

- Noor, dal Libano, quando una donna ha riferito di essere stata violentata, ha detto «Non mi rivolgerei mai ad una organizzazione per chiedere aiuto, metterei del sale sulla ferita e me ne starei zitta, ma non direi mai niente a nessuno».

Abed Ismael, poeta siriano, sostiene che la poesia è il premio del perdente. «La consolazione di chi dorme senza sogni. E’ l’eco che risuona o impazzisce, senza nessuna differenza. E la poesia è la cosa e il suo contrario, è anche l’assenza di metrica. La poesia è un’ascesa, un luogo che evade dal suo luogo, una realtà sostenuta solo dalla fuga».

3 commenti su questo articolo:

  1. Adele scrive:

    Articolo è interessante e profondo perchè contiene informazioni sulle donne di mondi lontani sì, ma vicini per la guerra e le continue notizie spesso non puntigliose e superficiali.

  2. Chiara Napoli scrive:

    E’ un articolo intenso ma anche esplicativo e perchè no ricco di poesia, il lavoro di mezzocielo dovrebbe essere proprio quello di presentare realtà femminili diverse.

  3. Rachele scrive:

    «Per centinaia di migliaia di donne la fuga dalla loro patria in rovina è stato solo il primo passo di un cammino di difficoltà senza fine. Hanno finito i soldi, affrontano quotidianamente minacce alla loro sicurezza e vengono trattate come reiette anche se non hanno commesso nessun altro crimine che perdere i loro uomini in una guerra feroce. È vergognoso. VENGONO UMILIATE PER IL FATTO DI AVER PERSO TUTTO». Le ultime parole di questa dichiarazione, quelle che ho trasformato in maiuscolo sia per sottolinearle sia per il significato, che nell’era tecnologia ha questo carattere, ossia rappresentare delle grida, me le immagino, se dovessero prendere forma, come un urlo, un grido, forte, potente che scuote le coscienze, che ti fa vergognare delle cose futili per cui ci si lamenta, che ti fa venire voglia di uscire dalla casa accogliente e sicura ed andare a lottare o comunque gridare con loro, con tutte loro e ti fa sentire orgogliosa, di far parte, di un genere, quello femminile, che non si arrende mai, nemmeno quando questa sembra l’unica cosa da fare. Un plauso alle donne siriane e a Silvana, per averci reso coscienti della forza nascosta in ognuno di noi e delle difficoltà affrontate da ragazze, bambine, signore, con un’unica colpa, quella di pagare per errori, commessi dagli altri.

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