religioni, spiritualità, vita, quante contraddizioni

21 ottobre 2015 di: Ornella Papitto

Nella nostra cultura occidentale, quotidianamente ci confrontiamo con due verbi: promuovere e prevenire. Mi arriva come un dono la differenza: “dare vita agli anni” e “dare anni alla vita”.

Ovvio? Eppure questa ovvietà apre una riflessione sulle azioni dei laici e su quelle dei religiosi. La “mission impossible” del mio lavoro è promuovere la salute mentale, ossia fare promozione umana. E la religione che ruolo gioca nella promozione umana o meglio, della spiritualità? Identico. Entrambe le azioni danno “vita agli anni”: sul versante del pensiero e sul versante della spiritualità. Altri direbbero “migliorano la qualità della vita”.

Mi esplode davanti una contraddizione. Franco Basaglia affermava che dove c’è una follia, lì c’è una contraddizione che gli operatori della salute mentale devono svelare: per obbligo professionale.

E allora mi interrogo: come è mai possibile che una religione monoteista, come la religione mussulmana, possa contemplare di togliere anni alla vita di qualsiasi essere umano? Una Religione non è obbligata a “dare anni alla vita” ma “dare vita agli anni”, sì. Altrimenti che Religione è? È un sistema politico terrorista e sanguinario, come, purtroppo, in Occidente siamo abituati a studiare dai libri di scuola e ad osservare, con orrore, attraverso i mass-media.

Se ne rendono conto i mussulmani cosiddetti “moderati”? Non posso sperare negli integralisti ma in loro, sì. Se ne rendono conto i sionisti, disposti a dare la morte pur di difendere la propria Religione? La difesa del territorio mi appare un alibi.

Sanno comprendere la differenza tra “Promuovere la vita” e “dare anni alla vita”? “Dare anni alla vita” è competenza dei medici, dei genitori e anche dei politici, quando sono pacifisti convinti, altrimenti sono degli ipocriti e sopratutto contraddittori, quindi folli da bloccare, per impedire che siano pericolosi per sé e per gli altri.

La religione cattolica ne esce avvantaggiata da questo confronto e forse posso capire anche il perché il Pontefice si voglia fare carico di diventare il pacificatore tra le tre Religioni monoteiste, in assenza di politici autorevoli.

Non ci perda più tempo, perché non c’è più tempo da perdere.

2 commenti su questo articolo:

  1. Marco Orioles scrive:

    Com’è stato più volte osservato, l’islam è attualmente impegnato in una sorta di “guerra dei trent’anni”. Come l’Europa 4 secoli addietro, il mondo islamico è dilaniato dal settarismo e dall’odio, che hanno minato dall’interno interi paesi e scatenato quella che Papa Francesco definisce “terza guerra mondiale a pezzi”. La cosa peggiore è che a sobillare i popoli sono sia regimi che movimenti. Tra questi, c’è il cosiddetto “jihadismo”, che ha da poco trovato un nuovo attore particolarmente spietato, l’ex ISIS, oggi Stato islamico. Ma non ci sono solo i tagliagole del califfato in questo marasma. L’ideologia della “guerra santa sulla via di Dio” ha contagiato la causa palestinese, trasformandola da causa laica e nazionale in, appunto, guerra santa. Il motto dei fanatici che reclutano giovani uomini (e donne) per farsi esplodere in Israele è “Noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita”. Si capisce, in questo contesto, l’irrigidimento di Israele, non più disposto, a dispetto degli accordi di Camp David, di accettare la nascita ai propri confini di uno stato terrorista che fa del “martirio” (non in senso cristiano ovviamente) un perno della propria dottrina di Stato. Ma il jihadismo è anche fonte di ispirazione per centinaia, migliaia di giovani nati e cresciuti in Occidente. Che alle lusinghe di un’integrazione nel proprio ambiente di vita, dove magari dovrebbero lottare (come tutti noi) per arrivare a fine mese e pagare un mutuo, preferiscono il brivido del complotto in vista dello spargimento di sangue innocente, magari nel centro di una capitale europea, dove caddero i valorosi di Charlie Hebdo o un pasdaran della libertà di espressione come Theo Van Gogh.

    Finché i cosiddetti “moderati” non si daranno da fare seriamente per isolare e sconfessare questi pazzi che si abbeverano alle loro stesse fonti per costruire un manuale di estremismo violento infarcito di citazioni coraniche, gli operatori della salute mentale non potranno che accumulare nuovo lavoro. Mi vengono in mente gli innumerevoli casi di disturbi da stress postraumatico che si registrarono in America dopo l’11 settembre. Ma anche alle non poche donne e ragazze segregate in casa o picchiate perché anelano ad una libertà che spetterebbe loro di diritto – stando almeno alle leggi in vigore – ma viene loro negata in nome di una visione del mondo che risale al VII secolo che noi occidentali nulla facciamo per ostacolare, in nome di un presunto diritto alla differenza.

    I fanatismi da combattere sono due: quello di chi crede che morire in nome di Allah sia nobile e quello di chi ritiene che non sia prioritario dire a costoro di darsi una calmata.

  2. Ornella Papitto scrive:

    Grazie Marco per il tuo generoso contributo a favore della chiarezza.

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