caro professore

22 febbraio 2016 di: Ornella Papitto

Caro professore, sono venuta ad ascoltarla dal vivo come quando a Roma seguivo la sua Sociologia del Lavoro. Già da allora ci invitava a creare il “modello” per impostare una ricerca e ancora oggi il “modello” è più necessario di allora. Lei ha continuato il suo lavoro nella “macro” sociologia mentre io, da ventiquattro anni, lavoro nella “miniera” della “micro” sociologia.

Lei era lì a descrivere agli insegnanti la nostra società globale: disorientata, depressa, incapace di distinguere e lamentava l’assenza di figure colte, deputate a creare modelli sociali, nuovi ed efficaci. Le dittature, le democrazie hanno mostrato tutte le loro fragilità. Il danno più consistente che Lei rilevava è una popolazione mondiale afflitta da “disorientamento” e da “depressione”.

Mente l’ascoltavo avrei voluto alzarmi e venirLa ad abbracciare: mai stati così vicini, neanche allora in un’aula di Piazza della Repubblica, a Roma. Lei, nel mondo, me in uno spaesato ambulatorio di salute mentale, nella lontana periferia di Palermo, periferia dell’Europa.

Sono anni che scavo tra le illusioni, le allucinazioni, le bugie e le menzogne. Anni duri, dolorosi anche personalmente e non solo nella professione. Sempre alla ricerca, senza fermarmi, sopportando di essere irritante, molesta, anche emarginata. Dovevo capire. Dovevo comprendere le ragioni, le premesse della malattia mentale. Una vera pazza vera. Mi interrogavo sulle cause umane, sulle debolezze, sulle fragilità delle menti.

Perché il primo esame medico analizzava l’orientamento nel tempo e nello spazio? Arrivano da noi “disorientati” e spesso non nel tempo e neanche nello spazio. Avevano perso qualcosa e mi intestardivo a ricercare l’orientamento.

Dove era stata nascosta l’Etica, fondamentale per guidare le nostre azioni? Bussola dei nostri comportamenti. Perché sempre e solo le ragioni di una parte e non lo sforzo per la comprensione delle ragioni altrui? Dove era ed è nascosta ancora la Ragione? Il disorientamento è diffuso tra tutti. L’assenza di Ragione può essere una ragione ma qualcuno, tra chi ha il dovere ed il compito di affermarla, forse si è arreso: l’Istruzione e la famiglia.

E lì, in quello spazio nell’Aula di Ingegneria, li rappresentavamo entrambi. I professori in duplice ruolo e me come “famiglia”, ma ero anche una sociologa “imboscata”.

Avevo per anni cercato la Ragione, attraverso le opposte ragioni e questa mattina, riflettendo sulla differenza tra “bugia” e “menzogna” finalmente si è materializzata la parola “discernimento”. Sarà questo l’anello mancante? L’incapacità di discernere la bugia dalla menzogna, il falso dal vero, l’illusione dalla realtà?

Chi avrebbe dovuto coltivare questa capacità e trasformarla in abilità nelle menti dei giovani e degli adulti? Ma per “coltivare” sono necessari gli strumenti adeguati: onestà, lealtà, coerenza, amore sviscerato per la realtà e dissenso profondo per l’illusione. Continuo ad interrogarmi: chi è disposto a rinunciare alle auto-illusioni? A rinunciare al proprio potere di orientamento parziale e fallace nelle menti meno attrezzate? Penso che sia proprio questo il ruolo della Cultura, dell’Istruzione: elevarsi dal “gioco delle parti” e trasformare se stessi in un laboratorio del pensiero laico, sopratutto. La Cultura come guida per saper discernere i “confini” labili tra la falsità e la realtà.

Caro Professore: «una cultura di molti per molti», è il “brodo di coltura” della confusione mentale, dello “stato confusionale” sociale. Non è, per me, assolutamente un buon modello se non è garantita la meravigliosa capacità di discernimento. Grazie ancora Professore, per tutto ciò che Lei ha fatto per noi, allora, come ora.

(Fonte: Discernere, Treccani web)

1 commento su questo articolo:

  1. marina scrive:

    E grazie a te Ornella, per questa tua analisi lucida, senza false illusioni, e per il tuo elogio del discernimento.

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