omicidio al Cairo

19 febbraio 2016 di: Silvana Fernandez

Finalmente si sono svolti i funerali di Giulio Regeni, è stato necessario aspettare l’arrivo della salma, i tempi dell’autopsia, e poi che venissero da tutte le parti del mondo i suoi amici. Sono giovani uomini e donne come lui che sperano, anzi sono sicuri, che un giorno il mondo sarà migliore. Sulla loro speranza non voglio dire niente, è giusto che chi è giovane, e già pronto ad aprire braccia e mente al mondo, speri.

Quello che trovo assurdo è che alcuni quotidiani, sia sul web che cartacei, e alcuni telegiornali sgranino metaforicamente gli occhi alla notizia che la sua sia stata una morte preceduta da sevizie e di stampo prettamente politico. La meraviglia mi irrita molto, perché il periodo in cui viviamo è comprensivo di simili orrori. La morte, in Egitto, di un giovane con idee occidentali e di libertà, è prevedibile. Anni fa la Francia fece una campagna pubblicitaria per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’Alzheimer, in ogni strada o piazza vi era un poster che raffigurava “L’urlo” di Munch, quadro scelto per rappresentare questa malattia. Sebbene Munch mi piaccia molto, non sono mai riuscita a soffermarmi e a guardare più di qualche secondo quella figura.

Il mio occhio sfiorava appena la bocca, unico tratto che, nel volto distorto, dimostra il terrore, e poi con lo sguardo cercavo rifugio altrove. Quell’immagine, infatti, racchiude tante altre immagini che galleggiano nella nostra mente, dal nostro iniziale pensiero cosciente e forse anche da prima, quando tutto era liquido e buio, ma già le radici del terrore si erano insinuate nell’animo, senza darci nessuna risposta e senza consentirci alcuna domanda. Sono passati vari anni, eppure la figura di Munch che proprio in Francia, terra ora più bersagliata dagli attentati, mi rattristò, mi si presenta nella mente mentre dormo accompagnandomi fino al risveglio. Ho la certezza che non raffiguri i vaghi conflitti della mia mente, ma quelli più reali e visibili che hanno invaso il mondo. Sono quelli di una guerra strisciante che solo a volte ci appare e scompare sotto forma di terrore. Non ci resta molto da fare. L’unica cosa forse è quella di cacciare qualsiasi urlo, in un inconscio che sappiamo già martoriato e che a fatica riusciamo a controllare. Questa fatica è forse il nostro unico scampo.

3 commenti su questo articolo:

  1. marina scrive:

    Continuiamo ad urlare, per non abituarci mai all’orrore.

  2. ester scrive:

    L’urlo non puo essere altro, in questi giormi, che la nostra indognazionr che finalmente si cpnvoglia in una sonora protesta! Viva l’urlo urloamo!

  3. giacomo scrive:

    Si’ ci vorrebbe un urlo continuo, Munch è un ottimo esempio, l’amica Ester credo francese daL modo di scrivere crede ancora che qualcuno si indigni? Tutti tacciono.

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