oratorio siciliano delle morti per mafia

2 luglio 2016 di: Rosanna Pirajno

Quando ha scritto il suo Almanacco siciliano delle morti presunte, pubblicato da il Palindromo nel 1997, io credo che Roberto Alajmo fosse animato da quell’impasto di sentimenti, tra dolore rabbia impotenza ribellione, che hanno abitato il cuore e la mente di una buona parte della gens palermitana che si sentiva schiacciata dai tragici eventi di quegli anni bui. Gli anni, o piuttosto i decenni delle stragi mafiose, degli attentati e delle morti violente di magistrati poliziotti carabinieri politici preti giornalisti militari, donne e bambini, eroi borghesi della società in opposizione allo strapotere delle mafie.

Adesso quel libro è stato trasfigurato in oratorio di dolore per quelle morti, e Vincenzo Pirrotta, che è regista e straordinario dominus della scena condivisa con le attrici Elisa Lucarelli e Cinzia Maccagnano e con i Fratelli Mancuso, che si producono in un repertorio di musiche proprie e di Marco Betta che vanno diritte al cuore, dà voce alle vittime senza nome che tracciano, per il pubblico che subito li identifica, la tristissima via crucis dei caduti per mafia che riposano in una simbolica collina urbana.

Io spettatore non so dire se il registro dolente della narrazione avvicini l’Almanacco di Alajmo allo Spoon River di Lee Master, come ho sentito dire, ma a me spettatore palermitano che conosco quei nomi e so di quelle esistenze spezzate e versato lacrime di rabbia e disperazione ad ogni annuncio, a me che quell’elenco di volti noti e anche amati ancora strazia il cuore, a me spettatore trascinato dalla forza della drammaturgia nel vortice di una memoria che si vorrebbe evaporasse e invece no, non ti abbandona, a me pare che questo oratorio sia la sublimazione artistica del dolore patito da una comunità che, anche non volendolo, si ritrova saldata da un patrimonio comune di memorie infelici. Una comunità cresciuta e appassita nel sentimento della deprivazione che ogni omicidio di un Giusto procura, ha assistito allo Steri alla rappresentazione in forma d’arte – scenica per le suggestive scene di Claudio La Fata e le luci di Nino Annaloro, drammaturgica per l’intensità di testo, sonorità e recitazione – del nostro dramma umano, di noi condannati a computare i nomi dei troppi morti ammazzati che hanno segnato la nostra esistenza. Nell’oratorio cui abbiamo assistito sono tutti lì, uno dietro l’altro evocati nei loro ultimi momenti di vita dalla voce roca di Vincenzo Pirrotta, che col corpo disegna una Deposizione dalla croce di chi ci ha almeno provato, a salvare gli uomini dalla loro stessa malvagità.

Dopo l’ultima recita palermitana di domenica 3 luglio, lo spettacolo andrà in scena il 5 luglio nel Teatro Greco di Morgantina, il 6 e 7 luglio nel Cortile del Palazzo Platamone di Catania, l’8 luglio al Teatro Greco di Tindari. Chi può, non lo perda.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement