il silenzio squarciato da Cutrufelli

26 agosto 2016 di: Anna Trapani

1946. Settanta anni fa le donne italiane ottennero il diritto al voto. Sulla scia delle commemorazioni si inserisce brillantemente il nuovo romanzo di Maria Rosa Cutrufelli edito da Frassinelli, Il giudice delle donne.

Lavoro importante per il peso politico e femminista di questo romanzo. Ma procediamo con ordine.  Siamo nel 1906 a Montemarciano, piccolo paese della provincia marchigiana. È qui che un gruppo di maestre sogna il suffragio universale e decide di chiedere l’iscrizione alle liste elettorali. Il presidente della Corte di Appello di Ancona, Lodovico Mortara,  dà loro ragione interpretando in senso positivo la Carta Fondamentale che dà alle donne i diritti di libertà, consentendo quindi anche i diritti politici compreso il voto.

«Il silenzio va inteso nel senso della libertà, non della chiusura». Ma le maestre non poterono mai andare alle urne poiché fu ordinata la cancellazione dei loro nomi dalla liste elettorali politiche.

Su questo fatto storico pressoché sconosciuto, Cutrufelli innesta le vicende di alcuni personaggi frutto della sua fantasia che ben si amalgamano con il contesto storico: Alessandra, “maestrina” che si reca  a Montemarciano per il suo primo incarico e si trova coinvolta dalla collega Luigia, moglie del sindaco, nell’impresa elettorale; Teresa, bambina che ha perso la parola dopo ave visto la madre riversa sul pavimento della cucina in un mare di sangue per un aborto; Adelmo, giovane e promettente giornalista che aspira a scrivere per un giornale a tiratura nazionale.

Né sono da meno i personaggi minori come Lisetta, figlia di una amica della madre di Alessandra che si presenta taciturna, con gli occhi bassi, vestita con abiti fuori moda, apparentemente sottomessa al volere materno. Si dimostrerà decisamente intraprendente. L’autrice in pratica usa lo stesso metodo narrativo usato per il precedente romanzo, I bambini della ginestra, dove due ragazzini si trovano coinvolti a Portella della Ginestra nel vile attentato ad opera del bandito Giuliano.  Fatti personali della loro vita si intrecciano agli eventi giudiziari e politi seguiti alla sanguinosa circostanza. Qui è grazie ad Alessandra ed altri, che veniamo a sapere del tentativo di suffragio universale portato caparbiamente avanti da dieci tenaci maestre. È il nuovo che avanza.

Le nuove idee del 900 cominciano a farsi largo anche se faticosamente. La provincia rimane arretrata ma nelle grandi città c’è già in nuce un movimento femminile che si avvale del pensiero e dell’opera di Maria Montessori.  Dice Alessandra: «Secondo Luigia, bisogna assolutamente coltivare il pensiero. Tutte le donne a suo avviso dovrebbero avere la libertà di pensare, il tempo per pensare e i mezzi che aiutano a pensare. E qui ha nominato di nuovo quella Montessori, che non si occupa solo di bambini ma è, fra le altre cose,  una esperta di educazione femminile». Ed è proprio l’opera della Montessori che colpirà l’attenzione di Alessandra, che deciderà di andare a Roma a iscriversi all’università e frequentare il suo corso. In quel “voglio di più” che Alessandra dirà alla madre, c’è tutta la forza delle donne che lottano per avere di più in un mondo maschilista che le ignora se non addirittura ostacola.

“Voglio di più” lo hanno detto  le donne che hanno lottato per il divorzio, l’aborto,  la cancellazione del delitto d’onore… Le lotte delle donne continuano.

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