la fertilità è un bene … comune?

6 settembre 2016 di: Daria D'Angelo

So che forse non sarebbe il caso di scrivere su un argomento già ampiamente criticato e commentato da molti, ma, da non mamma, non riesco facilmente a trattenere la rabbia di questa nuova trovata: il Fertility Day.

La principale critica, la più spontanea alla campagna è per lo slogan “La fertilità è un bene comune”. Non è così. La fertilità è una caratteristica fisica che purtroppo non è comune a tutte le donne, l’argomento è psicologicamente molto delicato, e il Ministero della Salute dovrebbe casomai adoperarsi per rendere accessibile la procreazione alle coppie che hanno un problema di sterilità.

Altri slogan della campagna, poi, colpevolizzano le donne che per volontà o per altri problemi non hanno avuto figli.

«In un Paese con il tasso di disoccupazione come quello italiano, dove chi ha talento, ambizioni e speranze emigra – scrive Saviano – dove chi non ha la solidità economica di una famiglia che possa garantire studi e accesso alla professione, lascia il Paese, sembra una presa in giro».

La fertilità come dovere, l’infertilità come colpa.

Quello che fa più rabbia è che la campagna tende a sviluppare sensi di colpa, e responsabilità di fronte a noi stesse, fa accostamenti fra la creatività e il desiderio di essere genitori, sulla bellezza messa in relazione al nostro apparato riproduttivo. Nessun richiamo, però, agli incentivi per l’infertilità e alle risposte del Servizio sanitario nazionale, alle discriminazioni sul lavoro subite dalle donne dopo il parto, agli ammortizzatori sociali, ai servizi rivolti alle famiglie, a una campagna vera di emancipazione culturale rispetto alle politiche di genere che includa l’ambivalenza delle responsabilità genitoriali.

La volontà non c’entra sempre, e in ogni caso nessun governo ci può consigliare di fare un figlio, né educarci a niente, siamo tutte assolutamente consapevoli della nostra condizione. Questa campagna non ci riguarda perché non abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi che non siamo fertili per la vita, lo sappiamo bene, e se quel limite di età è stato superato può voler dire che il limite era in qualcos’altro, oppure che è stata una libera scelta. In un caso e nell’altro quella campagna non affronta i motivi alla base delle nostre scelte, non scioglie i nodi da risolvere e non spiega il motivo dei viaggi all’estero di chi non riesce ad avere figli.

2 commenti su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    Mia nonna direbbe: “che cattivo gusto!”; “che mancanza di sensibilità!”; “che grossolanità”!; “che volgarità!”.
    La penso esattamente come lei, anche a distanza di vari decenni.
    Ma la Lorenzin di chi si circonda? Da chi si fa consigliare per una campagna pubblicitaria che sembra adatta a Stati o Nazioni dove non esiste la Sanità e tantomeno la Prevenzione primaria? Ma dove vive? Su quale piano di realtà decide?
    Una poveretta, ignorante, volgare e violenta. Un pessimo esempio di Ministro, perfetto per Stati arretrati e maschilisti.
    Se avesse “buon gusto” ed intelligenza si dovrebbe dimettere, immediatamente.

  2. Irene.p scrive:

    La Lorenzin si occupa di medicina,bene ed allora faccia il medico, il ministro della sanità comporta tante altre cose.Non si puo’ andare in paradiso in carrozza, ne al governo in autombulanza

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